NSC critica il prossimo Simposio sul sacerdozio

19-04-2021 - Notizie

Un prete esterno alla comunità cristiana ed alla storia di oggi. Questo propone un grande Simposium promosso da Cardinali del Vaticano per febbraio 2022
 

Lunedì 12 in Vaticano c’è stata una conferenza stampa per presentare gli intendimenti e il programma di un più che ambizioso Simposium da tenersi dal 17 al 19 febbraio 2022 su “Per una teologia fondamentale del sacerdozio”. L’argomento si presenta da sempre di prima grandezza perché nella vita della Chiesa la centralità del ruolo del prete è molto importante, ma anche perché la realtà di oggi, ecclesiale, sociale e culturale ha già imposto di ragionare su quanto prima si dava per scontato (il celibato, l’autorità del prete, la sua distinzione/separazione dai credenti solo battezzati e via di questo passo). È stato il movimento che si ispira al Concilio a porre i problemi e a discuterne tanto da fare ipotesi che possono mettere in discussione il modo stesso con cui si evangelizza. E la questione del celibato è uno solo dei problemi.

Sinodalità e Trinità per sacralizzare il prete?
Quanto si capisce subito dalla lettura dei testi della conferenza stampa e dal programma è una evidente volontà di fondare le radici teologiche del “sacerdozio” (ma perché usare ancora questo sostantivo preconciliare?) e quindi la differenza tra il sacerdozio universale dei battezzati e quello ministeriale. Queste radici vengono affermate ma non dimostrate. Sembra che si reggano solo su un principio d’autorità. Due punti si afferma che sorreggano questa teologia, la sinodalità ed una ecclesiologia trinitaria. Non si capisce l’”uso” della sinodalità. I sinodi recenti (sulla famiglia, sui giovani, sull’Amazzonia) hanno semmai parlato del “sacerdozio” al di fuori della ricerca teologica e all’interno invece di un’ottica del tutto pastorale. Il Simposium si presenta come un grande convegno senza una seria e programmata presenza dal basso delle opinioni della base cattolica che possa richiamare in qualche modo il concetto di sinodalità. Del tutto incomprensibile è poi il riferimento alla “dinamica trinitaria” (continuamente richiamata) come elemento caratterizzante la figura del sacerdote. Si vuole forse, in modo maldestro, trovare elementi per “sacralizzarla” con l’esito, evidentemente voluto, di “immobilizzarla” a ciò che essa è stata dopo il Concilio di Trento? Si pensa forse di poter attivare in questo modo (che ci sembra sprovveduto) un “movimento vocazionale” di cui si parla nella presentazione del Simposium? Come si fa a sostenere che “il ministero dei preti è essenzialmente mistico, è cioè iscritto nel Mistero”? Che il celibato è un segno profetico perché servono profeti e non funzionari? Nell’universo cristiano esterno alla Chiesa cattolica ci sarebbero solo funzionari? I testi hanno anche parole meno impegnative, si cita il clericalismo si cui parla papa Francesco ma la sostanza è quella che è, del resto, bene indicata dal titolo dell’incontro.

Il prete senza comunità dei credenti?
Detto tutto ciò, quello che lascia stupefatti e che conferma l’animus dei promotori, è la totale assenza in tutto il progetto di una riflessione sul Popolo di Dio, sul “gregge” (Francesco). Il prete serve per celebrare l’Eucaristia e per confessare. Il resto non c’è. È una concezione spiritualista che implica una specie di rifiuto della materialità della vita. È come se il prete vivesse fuori dalla storia, dal vissuto, anzitutto di sé stesso e poi dei credenti che vivono la fede, a fatica o con gioia, degli uomini in ricerca e dei cosiddetti “lontani”. Le situazioni che tante persone avvertite nella Chiesa cercano di porre sono tante. Non solo quelle relative al celibato, agli abusi sessuali (“la lotta agli abusi non può che farsi nella chiarezza teologica”, che significa?) e ai viri probati ma anche a tante altre. Per esempio quelle relative al calo del numero dei preti e al loro invecchiamento, alla loro formazione, alla loro abitudine a gestire tutto nel funzionamento della Chiesa con eccesso di autorità, alle loro solitudini, alla stessa gestione dei beni della Chiesa, fino invece agli aspetti positivi per la loro partecipazione alla vita del prossimo nei momenti difficili ed in quelli sereni e di praticare così la carità. E poi resta la questione centrale che sembra ben poco interessare al Simposium, è quella di ridurre la distanza dai cosidetti “laici”, di considerare le “laiche” come i “laici” organizzando in tal modo un salto di qualità nella Chiesa rispetto alle differenze di genere che esistono ancora nella società, di considerare la funzione del prete solo in riferimento alla comunità cristiana in cui è inserito e della quale è animatore. È la comunità che da al ministero la sua ragione d’essere.

Una iniziativa molto ambiziosa e a senso unico
Il senso di questa iniziativa, che si terrà nell’Aula Paolo VI in Vaticano, lo si capisce facilmente osservando chi la promuove e qual’è il suo programma. È stato costituito un “Centre de récherche et d’antropologie des vocations”, promotori la “Revue thomiste”, la rivista “Communio”, l’Istituto Tomistico della facoltà teologica dell’Angelicum e l’UCAO (vescovi dell’Africa occidentale). Essi fanno parte di un unico orientamento teologico ed hanno avuto l’avvallo e la partecipazione in prima persona come relatori al Simposium di ben otto prefetti di Congregazioni di Curia (oltre a Parolin), di un vescovo, di undici preti tutti docenti in facoltà teologiche di sei paesi diversi (non ci sono teologi sudamericani o africani o asiatici) e di cinque donne di cui due suore. Non ci sono laici di sesso maschile. È come se essi dicessero: “Nessuno si impicci, per parlare del prete facciamo tutto da soli!”. Allo stato attuale nel programma non sono previsti spazi per il dibattito. La partecipazione è libera, sono già aperte le iscrizioni. Sono attese delegazioni nazionali e diocesane da tutti i continenti (si veda il sito www.communio-vocation.com). Il Simposium si presenta così come una grande azione di lobby nella Chiesa, avvallata da gran parte della struttura del Vaticano. Chi segue le cose di Chiesa non può che pensare che si voglia unificare in modo evidente e anche clamoroso i vari filoni di quanti sono diffidenti o addirittura ostili nei confronti del corso di papa Francesco, convinti che sia questo il momento giusto per fare ciò. Sullo sfondo sta il contrasto profondo con gli orientamenti che stanno emergendo al Synodaler Weg della Chiesa tedesca e la possibilità di prepararsi ad alzare il tiro di una linea clericale al Sinodo dei vescovi sulla sinodalità dell’ottobre 2022. Naturalmente ci sono interrogativi che non si possono eludere: il carattere e la valenza di questo Simposium sono condivisi, almeno in parte, da papa Francesco? Se così fosse non potremmo che associarlo alla nostra critica. Oppure il Papa lo subisce? In questo caso dovremmo constatare la debolezza di Francesco nei confronti della Curia che appare più evidente di prima negli ultimi tempi.
Noi pensiamo/speriamo che questo tentativo di voler tornare indietro a prima del Concilio, senza aprire gli occhi di fronte ai veri problemi dell’annuncio del messaggio del Vangelo oggi, possa concludersi in niente perché forze vitali nella carità e nella fede ci sono in Italia e sparse nel grande universo cattolico e cristiano, nelle periferie e dovunque. Lo Spirito circola sempre e agisce anche se facciamo fatica a percepirlo.

Milano, 19 aprile 2021                                                               "Noi Siamo Chiesa"