Cari amici...

29-07-2021 - Notizie

Cari amici,

posso confidarvi tutta la mia impotente perplessità per quanto ci succede sotto gli occhi nella inconsapevolezza diffusa? Mi riferisco al “Motu proprio” di Papa Francesco “Traditionis custodes”, che restringe e regolamenta l’uso del Messale romano precedente alla riforma liturgica del Vaticano II, dopo la concessione fatta da Benedetto XVI col “Motu proprio Summorum pontificum”. Un primo rilievo: come mai a suo tempo furono molto vive  le reazioni della corrente conciliare, mentre in questo caso una vera e propria ribellione  c’è solo da parte dell’ala anti-conciliare, senza che da parte degli stessi Vescovi, chiamati in causa in prima persona, si sia levata una parola di sostegno, e qualche iniziativa di sensibilizzazione e di presa di coscienza da parte della base?

Sembra insomma che non ci si renda conto della posta in gioco, e tutto viene ascritto  a fatto amministrativo, lasciando che le forze contrarie abbiano via libera e prendano il sopravvento, come se si fosse scoperchiato un vaso di Pandora.  Non è mancata una Lettera circolare del Superiore della Fraternità sacerdotale S.Pio X, don Davide Pagliarani, ai membri e agli amici della Fraternità, così come tanti altri interventi dello stesso tono, compresi quelli di Aldo Maria Valli, di Pietro de Marco… Sta di fatto che dietro tutte questa voci  c’è un blocco di forze e di pressione  che manca a qualche voce dispersa di sostegno, perché la chiesa esistente è del tutto assente da queste vicende. C’è qualche lettera di Vescovi di consenso al Papa e di coinvolgimento della propria chiesa? Tutto questo è meno importante del G20 di Napoli a cui non è stato fatto mancare un richiamo? Non ci sarebbe forse uno scompenso nella valutazione delle situazioni ecclesiali tra ad extra e ad intra?

Di fatto questo  motu proprio “Traditiones custodes”  non è che una cartina di tornasole che porta allo scoperto la situazione reale  per quanto riguarda il tormentato processo di riforma conciliare e getta luce sulle effettive forze in campo in questa vicenda: mentre gli oppositori al provvedimento sono in piena sollevazione e mobilitazione, una vera e propria campagna anti-papa, all’interno di una chiesa  ignara di tutto e tenuta all’oscuro di quanto succede ci si contente di qualche opportuna precisazione liturgico-teologica a tavolino.  Ma dove sono le forze in campo?

Non ci si rende minimamente conto, come lascerebbe capire il Papa, che in gioco c’è la stessa riforma liturgica, e quindi il Vaticano II che l’ha inaugurata, e quindi la chiesa stessa che l’ha voluta. Il Papa denuncia l’uso strumentale che si è fatto di una concessione che ora sembra ritorcersi contro chi l’ha offerta, certamente con intenti diversi, ma che ora si vorrebbe invece ratificare e mettere a norma in parallelo all’ordinamento  valido per tutti: una sorta di cavallo di Troia che trova connivenze passive  trasversali, in una base ecclesiale senza mordente, senza  coscienza critica, senza stimoli  ma appagata e rabbonita.

Stando così le cose, ha poco senso anche parlare di allarme per il Vaticano II orami al capolinea, con un Papa che da una parte vorrebbe rilanciarlo, ma più nei suoi effetti che come causa di perenne novità: più nei modi di essere che come ragione d’essere.  Sarà anche ingenuo da parte mia, ma a questo punto non è più sufficiente ispirarsi al concilio per nuove imprese e costruzioni ecclesiali nel massimo di ambiguità. Bisognerebbe far riemergere le sensibilità e le ragioni per cui un concilio è stato voluto e rendersi conto che le stesse istanze sono forti e urgenti più che mai oggi, per cui sarebbe bene mettere tra parentesi questo o quel punto di dottrina e di prassi e ritrovare il fondamento e punto di partenza per una riproposta di vangelo al mondo, qualcosa orami di troppo standardizzato e canalizzato in senso innovativo ma tale da prestare il fianco a confronti e a lotte tra glosse e interpretazioni! Oso dire, in attesa di smentite e di correzione, che in nome del concilio si è ricreato nella chiesa lo stesso stato di cose che c’era prima del concilio, con la relativa necessità di ripensarlo e di riviverlo al suo nascere come tentativo a comprendere in modo nuovo il vangelo che non cambia. L’impresa rimane questa, qualcosa che è negli animi e nei cuori prima che sulla carta e nei piani pastorali, anche quelli alternativi.

Non so se in tutta franchezza e immediatezza vi abbia detto qualcosa di sensato, ma è certamente quanto preme dentro e fa da motore alla ricerca comunicativa che condividiamo rapsodicamente, per esempio anche col nuovo numero di Koinonia, che è ancorato ancora alla “Nota verbale” del Vaticano sul ddl Zan, ma sempre in questa prospettiva di ripensamento e di ritrovamento del rapporto vangelo-mondo di cui la chiesa è segno e strumento, non realizzazione e ultima parola! Del “motu proprio” di Papa Francesco ne facevamo cenno con quanto Luigi Accattoli scriveva nel suo Blog, in attesa di riprendere il discorso: questo testo è ora riportato, insieme alla informazione sulla settimana ecumenica del Sae e alla intervista di Piero Stefani che ce ne parla, mentre è sempre preziosa l’immancabile riflessione di Domenico Gallo.

Forse è solo un inutile sasso nello stagno o in piccionaia, ma è solo un invito a tenere gli occhi aperti su quanto succede! C’è davvero da vegliare e da pregare per non cadere in tentazione!

Alberto