Sacramenti e identità sessuale... di Vito Mancuso

16-04-2022 - Notizie

Sacramenti e identità sessuale, così si afferma

la lezione di Gesù di Vito Mancuso

 

In questo momento storico che non è esagerato definire fatale, mentre imperversa la guerra di Putin benedetta dal Patriarca di Mosca dicendo che si tratta di difendere i valori cristiani minacciati da un Occidente caduto in balìa delle parate gay, la diocesi di Torino è pronta ad amministrare il sacramento della Cresima a una persona nata donna e poi diventata uomo. Esiste una relazione tra i due fatti? A mio avviso sì: è la convergenza di geopolitica e biopolitica.

La questione nella sua essenza è la medesima, è quella che divide da un lato l’autodeterminazione nel nome della libertà e della sua irriducibile singolarità, e dall’altro la determinazione imposta dalla biologia o dalla tradizione. Che si tratti di un popolo o di un individuo, di geopolitica o di biopolitica, in entrambi i casi la sostanza è rappresentata dallo scontro tra cultura e natura, tra libertà e obbedienza, tra soggetto e istituzione, e dal decidere quale dei due poli abbia più valore.

All’autodeterminazione di un popolo che non accetta più il secolare vassallaggio nei confronti di un altro popolo cui lungo i secoli la geopolitica l’aveva consegnato, corrisponde l’autodeterminazione di un singolo che non accetta l’altrettanto pesante vassallaggio cui la biologia da un lato e il costume sociale dall’altro l’avevano a loro volta consegnato. E nel nome dell’autodeterminazione, ovvero della libertà, un popolo e un singolo, il primo a livello geopolitico, il secondo a livello biopolitico, iniziano la loro marcia di liberazione.

È uno scontro antico, che ebbe inizio al principio della modernità proprio in ambito teologico quando Lutero rivendicò il primato della coscienza rispetto all’obbedienza papale con le celebri parole pronunciate alla dieta di Worms davanti all’imperatore Carlo V, dopo che per l’ennesima volta gli era stato intimato di ritrattare: “Non posso e non voglio revocare nulla, perché è pericoloso e ingiusto agire contro la propria coscienza. Non posso diversamente. Io sto qui. Che Dio mi aiuti. Amen”. Era il 18 aprile 1521, un anno e cinque secoli fa, e da allora l’Occidente ha intrapreso una progressiva marcia verso l’emancipazione dei singoli e l’estensione dei diritti umani arrivando in questi anni a legittimare persino il riscatto dalla propria biologia per quegli individui per i quali essa non coincide con la propria psiche e la propria affettività. Anch’essi, come Lutero,dichiarano che è pericoloso agire contro la propria coscienza e contro la propria insopprimibile sete di essere se stessi. E la Chiesa cattolica, dopo essersi a lungo e con forza opposta a questa evoluzione (si consideri per esempio il Sillabo di Pio IX che condannava senza appello la libertà di coscienza in materia religiosa; si considerino le dure prese di posizione di Giovanni Paolo II in ambito bioetico), è pronta ad amministrare il sacramento della Confermazione a una persona nata con un sesso e transitata in un altro, legittimando in questo modo, per lo meno nella diocesi di Torino, la bontà di tale percorso.

Naturalmente alla luce della tradizione lo scandalo dei cattolici tradizionalisti è comprensibile. Anche il Patriarca Kirill sarebbe d’accordo con loro. Come il popolo ucraino non si può geopoliticamente autodeterminare, così gli omosessuali non possono biopoliticamente vivere la loro sessualità e tanto meno trasformarla. E la Chiesa tutto deve fare verso di loro, tranne che riconoscerne il diritto all’amore e all’affettività. Per questo i cattolici tradizionalisti gridano allo scandalo di fronte all'amministrazione di un sacramento a una persona che ha cambiato sesso e leggono in questa apertura della Chiesa cattolica la conferma della progressiva protestantizzazione che anche in Italia sta consegnando il cristianesimo a quel destino di irrilevanza che ha già nei paesi protestanti del Nord Europa. Per questo per la coscienza cattolica il punto cruciale consiste nel saper rispondere a questa domanda: l’accettazione dell’identità spirituale dell’Occidente (che consiste nella cultura dei diritti umani e nel rispetto della singolarità di ognuno) è una sconfitta della cattolicità, una sua resa incondizionata al mondo, un abbandono della tradizione, un tradimento dell’insegnamento di Gesù?

In realtà è forse solo adesso che si comincia a comprendere la radicalità della proposta spirituale di Gesù, il quale insegnava: “Il sabato è stato fatto per l’uomo, e non l’uomo per il sabato!” (Marco 2,27), una rivoluzione personalista che gli costò la vita ma senza la quale la civiltà che chiamiamo Occidente, e che consiste nel primato dei diritti umani sopra ogni altra istanza, non avrebbe visto la luce. In questa prospettiva risultano esemplari le parole del canonico della Santissima Trinità di Torino, don Alessandro Giraudo, il quale interpellato da questo giornale non poteva rispondere nel modo più chiaro: “Ciò che davvero conta è la cura della persona”. È la perfetta traduzione qui e ora della rivoluzione iniziata due millenni fa da Gesù.

Esiste però un aspetto che non va assolutamente dimenticato e che costituisce il vero e proprio punto critico del discorso condotto finora, “The Dark Side of the Moon” come cantavano i Pink Floyd quand’ero ragazzo. Il lato oscuro della luna in questo caso è la frammentarietà a cui va necessariamente incontro una società per la quale il primato assoluto è costituito dalla libertà dei singoli. Se è infatti essenziale tutelate l’autodeterminazione dei singoli, è altrettanto essenziale riconoscere quanto sia difficile, alla base del primato della soggettività, avere coesione sociale. Società viene dal latino “societas”, termine che a sua volta rimanda a socius e che indica l’esistenza di un interesse superiore rispetto all’interesse particolare dei singoli in base a cui i singoli possano sentirsi soci e così formare una società degna di questo nome. Ebbene, la malattia di cui soffre l'Occidente, a differenza di altre società più coese ma a spese dei singoli, è esattamente il senso di disgregazione a cui il primato unilaterale del singolo quasi inevitabilmente conduce. Per questo le forze cosiddette sovraniste sono in crescita: perché la coscienza avverte inquieta tale disgregazione e cerca di salvarsi ricercando un principio di coesione, pronta a riconoscerlo ora nella religione, ora nell'uomo forte, ora nell'idea di patria, ora in tutto questo messo insieme, al fine di ottenere quanto possa garantire la solidità del sistema. Esiste quindi una grande scommessa per fare in modo che l’emancipazione dei singoli possa continuare ed essere custodita e difesa dal ritorno della reazione e del tradizionalismo autoritari: che la cultura dei diritti umani sorta con la modernità sia in grado di ritrovare un ideale o un'utopia più grande dell'interesse dei singoli che torni a farci sentire soci gli uni degli altri. Questo non deve più avvenire a spese delle minoranze, come nel passato, ma questo deve comunque avvenire, se l’Occidente non vuole tonare indietro o, come dice il suo nome, tramontare.