III Domenica del tempo ordinario B

22-01-2021 - Preghiere poesie

III Domenica del tempo ordinario B  (24 gennaio 2021)

Vi riporto le letture che ascolteremo durante la celebrazione che sarà bene leggere in anticipo e che ci faciliterà la comprensione dell’omelia che il celebrante proporrà all’assemblea: 

Dal libro del profeta Giona (Gn 3,1-5.10)

Fu rivolta a Giona questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Nìnive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Nìnive secondo la parola del Signore. Nìnive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Nìnive sarà distrutta». I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1Cor 7,29-31)

Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1, 14-20)

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.  

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Da sempre l’umanità impreca contro il tempo quando desidera lamentarsi per le l’eccessivo carico di sofferenze, di morte e di ingiustizie presenti sulla terra. Ai tempi di Gesù circolava un’immagine molto forte per descrivere la disperazione di chi, sulla terra, si sentiva solo e senza aiuti dall’alto: quella di un cielo – sopra la terra – chiuso, blindato e sbarrato allo sguardo di chi, girone infernale in cui si trova, soffre, impreca e muore. 

Niente di nuovo sotto il sole direbbe un osservatore acuto del tempo presente! La pandemia che sta piegando il mondo, non rallenta (si sono superati i 2 milioni di morti e quasi 100 milioni di contagi!). La situazione dei migranti al campo di Lipa, nel nord-ovest della Bosnia e Erzegovina, è disumana (circa 1000 persone sono abbandonate al ghiaccio e al gelo in accampamenti senza nemmeno una tenda come riapro e costrette a sopravvivere senza servizi igienici, acqua potabile ed elettricità. I migranti che dall’Honduras cercano di arrivare negli Stai Uniti sono presi a bastonate in Guatemala. I vaccini acquistati tardano ad arrivare; il nostro Governo – appena entrato in crisi – è sospeso tra veti, discussioni, polemiche e ricerche di maggioranze! “Tempo scaduto”, dice qualcuno; “tempi infelici” replicano altri; “tempo di crisi, di mancanza di valori, di sprechi, di immoralità, di pandemia…”. Oggi come ieri molto nostro tempo è fonte di disperazione e di paura.

Ma torniamo all’immagine del cielo chiuso. Gesù la conosceva molto bene. Anche perché era scritta persino nel libro del Profeta Isaia che, rivolgendosi a Dio, così pregava: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,19). Ecco perché al battesimo di Gesù san Marco scrive che il Messia, “vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui”: perché – finalmente – il cielo inteso come un Dio lontano, assente e e sordo alle fatiche del mondo, si è aperto. Dio è sceso sulla Terra; si è reso vicino agli uomini; si è portato presso di noi per farci sentire il suo amore e il suo perdono. Con questa premessa è più facile capire perché le prima parole di Gesù – nel Vangelo di Marco – sono quelle che siamo invitati a pregare oggi: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel vangelo”. Perché per l’evangelista è di assoluta urgenza e importanza ricordarci che il “tempo” in cui viviamo non è il magazzino del male e del soffrire. Iltempo è compiuto” significa che Dio ha reso il nostro presente definitivamente aperto alla Sua presenza. La bontà di Dio è ormai con noi per sempre – questo vuole dire il “tempo è compiuto” – e significa che nessuna realtà negativa (pandemia compresa!) potrà mai separarci dall’amore di Dio. Questa è la buona notizia che deve risuonare in queste prime domeniche dell’anno. Per ricordarci che accogliere questa nuova realtà che è con noi, rende la nostra vita vera, buona, nuova e definitivamente liberata. In concreto? Come tutto questo si impasta con la nostra quotidianità?

Intanto ci dice che prima di “fare” chissà che cosa, il convertirci che ci propone Gesù è dato dall’accogliere l’amore di Dio che vuole stare con noi nella persona del Signore Gesù e con l’aiuto del Suo Vangelo. E chi accoglie Gesù nella sua vita (e si confronta con il Vangelo), trova in sé le forze per cambiare modo di vivere e scopre che uscire dall’individualismo che ci rende egoisti e tristi è possibile perché siamo chiamati a ritrovarci in un “noi” certamente imperfetto (come le nostre comunità), ma sempre migliore della solitudine depressa a cui condanna l’avarizia. Il “tempo è compiuto” vuole dire che la nuova umanità che cerchiamo è iniziata. “Convertirsi” vuole dire guardare dall’altra parte. Portare lo sguardo non più sul successo, sui soldi o sul benessere mio e solo dei miei figli, ma sulla generosità, sui bisogni di chi sta male, su quel Vangelo che non è un libro scritto, ma una presenza vera, viva e accanto a noi.

Un particolare curioso: in questi sei versetti ricorre per ben due volte la parolina “subito” (che troviamo 10 volte solo nel primo capitolo). Prima sono i discepoli che, appena chiamati, “subito lasciarono le reti e lo seguirono”. Nel secondo caso l’avverbio è riferito a Gesù: “E subito li chiamò”. Come per dire: Il Dio di Gesù ha fretta di cercarci, di incontrarci e di portarci all’umanità nuova che ci rende migliori. E noi? Cosa facciamo per accorgerci che il “cielo sopra di noi è aperto” e per accogliere questo “tempo che è compiuto”? Siamo disposti “a guardare dall’altra parte” (questo vuole dire convertirci|): dalla parte del Vangelo, della comunità, della bontà, del servizio e di chi ha bisogno di noi oppure restiamo ancorati ai nostri schermi e fissiamo ciò che non ci fa volare e nemmeno ci spinge sul terreno dell’amore?

Un piccolo merito questa pandemia forse lo ha: ci ha ricordato che non possiamo sempre dire, “poi”, “domani”, “vedremo” o “lo farò”.

Il nostro essere beati è attaccato a corda doppia alla parola “subito”. Perché il Dio di Gesù non rinvia e non rimanda. Non posticipa e non affida a dopo. Subito ci vuole aiutare. Adesso. Ora. Ed è per questo che si chiama buona notizia.

Buona domenica.

 

Preghiera dei “piccoli”      

Caro Gesù,

la parola “subito” io la uso quasi mai. Quando mamma o papà mi chiamano di solito rispondo dicendo: “tra un attimo”, “sto arrivando” oppure dico: “poi”, “domani”, “dopo”.

Nel Tuo vangelo invece la parola “subito” viene detta due volte in pochissime righe. Prima sono Simone e Andrea che, appena chiamati, “subito lasciarono le reti”.

Poi sei Tu, Gesù, che appena incroci con lo sguardo Giacomo e Giovanni (suo fratello), subito li chiami.

Hai ragione Tu, Gesù, il segreto della vita è dentro la parolina “subito” e vive bene solo chi la dice e la mette in pratica.

Anche diventare “pescatore di uomini” è una bella immagine! Come i pesci muoiono quando escono dall’acqua, così noi viviamo solo se qualcuno ci aiuta ad uscire dal mare della cattiveria e della pigrizia.

Gesù aiuta anche me a diventare un pescatore di uomini.

E grazie per la Domenica della Parola.