V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO B

06-02-2021 - Preghiere poesie

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO  B  - 7 gennaio 2021

 Dal Vangelo di Marco  1, 29 -39

 Bello constatare che Gesù non va in casa di Simone e Andrea perché c’è una persona ammalata, ma l’esatto contrario: dopo essere entrato in quella abitazione gli “parlano” della suocera di Simone ammalata e Lui decide di avvicinarsi a lei, di prenderla per mano e di guarirla. Pochissimi versetti di densità inesauribile tanto dal punto d vista teologico quanto per le nostre relazioni domestiche e persino per il nostro essere chiesa. Partiamo da questo ultimo aspetto. Gesù non dispone di cattedrali, di basiliche o di chiese parrocchiali per stare con i “suoi”. I suoi incontri Gesù li consuma quasi sempre in strada, in riva al lago, su un prato o seduto su una barca. Il particolare di oggi, però, è molto bello. I professionisti ricevono nello studio i loro clienti/pazienti. Gesù non è un professionista che riceve su prenotazione. Lui cerca ciascuno di noi e non ha nessuna paura ad entrare nelle case di chi insegue per fare di ogni abitazione un autentico contesto di comunione, di pace e di concordia. Significa che solo Gesù rende “case”, cariche di comunione, le nostre abitazioni. Senza di Lui i nostri ripari domestici restano edifici, muri, pareti (di mattone e/o di cartongesso). Solo se in queste strutture entra Lui – Gesù – le relazioni si dilatano, chi occupa quelle stanze diventa capace di uscire da sé stesso, di accorgersi dell’altro e di accogliere chi convive con lui sotto lo stesso tetto. Gesù rende possibile l’amore che deve caratterizzare ogni casa perché ci rende in grado di perdonare le inevitabili imperfezione di ogni altro, di gioire per la diversità di chi ci è accanto e perché ci abilita ad amare l’altro – finalmente – senza volerlo consumare e senza sforzarsi di cambiarlo.

Senza Gesù e la sua Parola, le nostre “belle” case rischiano di diventare piccole grandi prigioni che nascondono litigi, incomprensioni, fatiche, sofferenze non escluse violenze.

I dati relativi al forzato lock down che ci ha chiusi tutti in “casa-edificio”, parlano chiaro: “Nell'ultimo anno i procedimenti per maltrattamenti in famiglia sono cresciuti del 20%”, ha dichiarato senza fare sconti Ignazio De Francisci, procuratore generale della Corte d'Appello di Bologna. E così come sono diminuiti i femminicidi della criminalità, sono aumentati quelli consumati tra le pareti domestiche! Avremmo fatto volentieri a meno della dimostrazione scientifica, generata dalla pandemia, del fatto che le nostre “case” hanno la capacità distruggere e di negare l’amore mai nato al loro interno e di attivare ripetute violenze sui minori, sulle donne e sui più deboli.

Mentre però i giornali ci confermano questo triste dato, all’inizio di febbraio la chiesa ci offre la pagina del Vangelo di Gesù che, recandosi da Simone e Andrea, è pronto ad entrare – se siamo disponibili ad aprirgli la porta – nelle case di tutti noi.  E lo fa perché sa molto bene che al di là delle dichiarazioni di principio di chi abita la sua famiglia, la malapianta della divisione, della discordia, del litigio e della incomprensione è sempre pronta a crescere e a rovinarci la vita.

Ma che cosa fa Gesù in casa? Facilità il parlare tra chi abita quelle pareti e con Lui (“Subito gli parlarono di lei”). Che significa zittire e impedire lo sparlare (male!) degli assenti. Ma Gesù porta il Suo sguardo (e quello di chi è con Lui) verso chi sta peggio di noi e si prodiga per sostenere la parte più debole della dimora (e il fatto che la malata sia una donna, è una bella provocazione considerato che in Italia nel 2020 è stata uccisa – in casa sua e da un suo stretto congiunto – una donna ogni tre giorni!). Il rischio, per tutti noi, è di fare l’opposto: guardare, dalle “finestre sul mondo delle nostre case”, chi sta meglio, invidiarlo e poi parlare male di lui. Se questo meccanismo si attiva, però, si avvia l’invidia che tutto corrode e che – per inseguire il proprio personale potere – sfascia ogni possibilità di bene comune, di verità e di libertà. E poi quel (bellissimo) verbo che rimanda all’uomo nuovo e al mattino di Pasqua: La fece alzare prendendola per mano. La mano di Gesù che ci prende ci rimette in piedi. In posizione verticale. Con la schiena diritta.

(“la febbre la lasciò ed ella li serviva”) e non dalla isteria del rincorrere un solitario star bene che si chiama egoismo.

Sembra proprio che lo Spirito Santo abbia colto la stanchezza delle nostre case (troppo chiuse e persino caratterizzate dal coprifuoco) e – fedele come la colomba al suo nido (che è il Figlio di Dio) – ci voglia ricordare, con l’aiuto del Vangelo, che senza il Signore Gesù le nostre abitazioni non diventano luoghi di riposo, ma stanze in cui si prova a sopravvivere senza grandi risultati.

Ma la celebrazione eucaristica domenicale non è questo? Il ritrovarsi insieme come persone e come famiglie perché ogni nostra “casa” diventi luogo di pace, di comunione e di perdono che accoglie persone: capaci di parlare bene, di aprirsi agli altri, di stare in piedi (con la schiena diritta e nella postura dell’umanità nuova che ci ha consegnato il Signore Gesù ne mattino di Pasqua) e di servire senza sempre voler essere serviti.

Buona domenica.

 

             Preghiera dei “piccoli”              Caro Gesù,

la nonna (che mio papà chiama “suocera”) vive in casa con noi. Io spero tanto che non si ammali mai, ma oggi ho capito che Tu e le malattie non siete amici.

Tu non mandi le malattie a nessuno e quando queste arrivano, Tu fai di tutto per toglierle e per fare guarire chi è ammalato.

È molto bello, Gesù, leggere che appena hai preso per mano la suocera di Simone, la febbre se ne è andata e lei si è messa a servire.

Gesù prendi anche me per mano. Tienila stretta, la mia mano. Accompagnami sempre e dammi la forza – ogni giorno – di fare quello che ho già capito: che c’è più gioia nel servire che nel farsi servire.

E grazie, Gesù, per tutti i medici, gli infermieri e per quanti, in ospedale, si mettono al servizio dei nostri malati e li tengono per mano.