XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO B

05-07-2021 - Preghiere poesie

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO  B con preghiera bambini

«[Gesù] partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. 2Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? 3Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. 4Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. 6aE si meravigliava della loro incredulità.  (Mc 6, 1-6)

 

Hanno voglia di vedere Gesù, ma non sono disposti a seguirlo e a camminar dietro a Lui. Sono curiosi e sono anche interessati a sentire cosa dice, ma poi – più in profondità – non hanno nessuna intenzione di mettersi in discussione e di ascoltare realmente la sua Parola. San Marco ci presenta un caso concreto di incredulità della folla al seguito di Gesù, ma l’evangelista vuole portare il suo lettore (e ciascuno di noi) oltre la cronaca per aiutarci ad entrare in quella fede adulta che prende le distanze da modalità infantili di credere.

Ma quali sono, oggi, le nostre forme di incredulità?

La prima. C’è, nella nostra società, tanta voglia di religiosità, di spiritualità, di meditazione, ma sempre inseguita per contrastare lo stress e per aiutare il singolo a raggiungere quel benessere negato dalla vita stressata di tutti i giorni. Siamo dentro a un “credere” finalizzato al “mio” star bene, individuale e “consumato” per rilassare l’esistenza. È una forma di incredulità moderna (tipica del mondo opulento) che non ha nulla a che vedere con la proposta di Gesù che è Parola scomoda, ma liberante; richiesta di servizio e proposta per imparare a donare la vita per fare stare bene il fratello, non il mio io.

La seconda. È l’incredulità di chi applica a Dio le logiche contabili del dare e dell’avere. Secondo questo schema mentale, leggi e precetti religiosi vanno adempiuti, ma praticato il dovere verso Dio con i riti vari, la vita può procedere del tutto sganciata dalla dimensione di fede (come se Dio non ci fosse). La proposta di Gesù è dall’altra parte. È Parola che libera dalla norma religiosa adempiuta solo esteriormente (con discreta dose di ipocrisia) e che ci presenta Gesù come il buon samaritano da imitare; come il Maestro che indossa il grembiule per aiutare chi lo segue ad allontanarsi dal veleno dal potere; come il Profeta che non si chiude in nessuna patria perché sa che ogni Paese è grande solo se i suoi confini restano aperti al fratello che vuole entrare in quella comunità.

La terza. È la religiosità (incredula!) del “fare”, del correre, del vivere per lavorare (e per scappare da noi stessi), dell’accumulare denaro che poi viene sprecato per ritrovarsi, inevitabilmente, alle prese con solitudini amare, incomprensioni familiari, depressioni e vuoti esistenziali che ci fanno soffrire. Gesù di Nazareth ha Parole più sagge e proposte più umane. Ci spinge a lavorare per vivere senza però idolatrare il “fare”, il denaro, la ricchezza o i beni (da acquistare e da accumulare) che “mangiano” libertà e dignità.

Tre forme diverse di incredulità. Che oggi come ieri ci rendono curiosi e affascinati dalla presenza di Gesù di Nazareth, ma che ci allontanano dall’incontro vero con la sua persona – viva e presente in mezzo a noi – perché poco disposti ad ascoltare in profondità la sua Parola e perché non sempre pronti a riconoscerlo in chi – vicino a noi – lo rende presente. Perché è questo il grande messaggio che ci consegna san Marco: Gesù risorto ognuno di noi lo incontra nella sua Nazaret, nella bottega sotto casa, nelle stanze della sua abitazione, nello sguardo del figlio “bocciato” che chiede scusa e che vuole la spinta necessaria per cambiare. Gesù risorto lo incontriamo nella sordità della nonna che a volte è faticosa da accudire, nelle fatiche di chi ha bisogno di aiuto e non sa chiederlo (e quante volte i figli ci sottopongono a questi faticosi dialoghi), nel collega che ha perso il lavoro (e che per vergogna non ne parla) o nel malato, nell’immigrato e nel fratello piegato da tante fatiche che per comodità facciamo finta di non vedere.

Gesù risorto non è il toccasana che ci toglie lo stress. Non è nemmeno una norma da adempiere – come precetto – per avere la coscienza a posto. Gesù risorto è il profeta – scomodo – che ci consegna la libertà e che ci rende beati se decidiamo di ascoltarlo e di seguirlo sulla strada delle beatitudini.

I mesi estivi hanno questo potere: cacciare gli alibi e rendere possibile un vivere più umano e meno di corsa. Vacanza e riposo sono anche questo: stare con la Sua Parola e provare a vivere lo stupore e la meraviglia che la Sua presenza genera nel nostro cuore non appena si prova a pensare, a vivere e a camminare come Lui ci propone.

Buona domenica a tutti e buon luglio.

 

                                                                           Preghiera dei bambini

Caro Gesù,

                   la mia scuola si chiama don Milani. Un prete- maestro di Firenze morto più di 50 anni fa che ha detto una frase molto bella:

 “Se voi avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro.”.

Gesù, don Milani ha ragione.

Con la parola “straniero” si creano le guerre.

Con la parola “fratello” si costruisce un mondo che è Patria di tutti e per tutti.

Ti prego Gesù: fa che tutti i Paesi del mondo diventino la Patria di tutti e di ciascuno.

Gesù aiutami a lasciare la mia Patria, la mia famiglia e la mia casa per ritrovare tutto e tutti cento volte di più.

Come hai promesso Tu e come ha fatto Abramo.