Una Chiesa a Più Voci - Ronco di Cossato - 2019

Una Chiesa a Più Voci

Ronco di Cossato - 2019

Una Chiesa a Più Voci - Ronco di Cossato - 2016

Una Chiesa a Più Voci

Ronco di Cossato - 2016

Una Chiesa a Più Voci - Ronco di Cossato - 2017

Una Chiesa a Più Voci

Ronco di Cossato - 2017

Una Chiesa a Più Voci - Ronco di Cossato - 2018

Una Chiesa a Più Voci

Ronco di Cossato - 2018

Una Chiesa a Più Voci - Ronco di Cossato - 2018

Una Chiesa a Più Voci

Ronco di Cossato - 2018

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V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Lc. 5,1-11) - 09.II.2025

Disse a Simone: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”.

 

I primi discepoli chiamati da Gesù, nel Vangelo di Marco, sono coppie di fratelli (Mc. 1,16ss). Per ricordare a chi legge che la fraternità – pesantemente ferita dalla vicenda di Caino e Abele – è, grazie al Signore Gesù, nuovamente possibile.

San Luca imposta diversamente la chiamata di Gesù dei suoi primi discepoli. Ci presenta il falegname di Nazaret che chiama a sé Simone e i suoi “soci”, i suoi colleghi, quanti lavorano con lui nella stessa azienda. Sono, insieme, i titolari di un’impresa collettiva abituati a collaborare e a gestire insieme il lavoro della pesca per arrivare, diremmo oggi, “a fine mese”. Hanno volto scavato dal sole e mani segnate dal duro lavoro della pesca. Fa pensare, tra l’altro, che Gesù vada in cerca dei suoi primi collaboratori sulle sponde del lago: tra barche, reti e pescatori e non si sia recato, per questa delicata ricerca di collaboratori al Tempio o presso qualche scuola di scribi o di farisei. Gesù ha cercato “aiutanti” e discepoli tra chi aveva scelto e scommesso sul fare impresa: chi era competente della dura legge del lavorare molto e dei rischi del prendere poco o niente.

La loro reazione è diretta e sincera: “Maestro abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”. Sono consapevoli dei loro imiti. Non li nascondono. Ma non hanno ancora capito che è proprio questa la ragione per cui Gesù li ha chiamati: perché hanno attraversato – senza scappare – la “notte” e il “nulla”.

Quante volte nella nostra vita dopo tanto lavoro dobbiamo fare nostre queste due parole: “notte” e “nulla”! Penso a tante nostre famiglie e a quanti si sono avventurati nella fatica di una piccola o media impresa. Penso a genitori che dopo sacrifici e sforzi si confrontano con figli che faticano a trovare il loro posto nella vita. Penso ad aziende in crisi che vedono crollare sogni e anni di storia! Ma constato anche progetti politici nazionali o internazionali che si immergono nella “notte” del fallimento perché guidati dalla voglia di risolvere i “propri” problemi economici (locali e nazionali) e non di costruire giustizia e pace nel mondo.

Il Vangelo di san Luca non ha dubbi: se la stella polare dell’impresa (di qualsiasi impresa!) è il profitto sganciato e separato dal rispetto delle persone e dunque dalla vera giustizia, prima o poi si arriva a quella “notte” in cui si prende “nulla”.

Penso a ciò che è stato chiamato lo “tsunami” Trump dopo il suo recente insediamento alla Casa Bianca: se l’obiettivo del nuovo Presidente è rendere sempre più “grande” il proprio Stato affinché possa dominare di più e meglio i Paesi più poveri e se per fare questo l’America è disposta “anche” a fermare il piano chiamato “Alleanza per il Progresso” fondato da J. Kennedy per aiutare i Paesi sottosviluppati ad alzare la testa, i faraonici progetti di chi si sente investito da mandati divini è destinato a fallire e a diffondere disperazione e ingiustizie in tantissimi Paesi meno sviluppati che hanno la sola colpa di cercare speranza e giustizia.

La proposta di Gesù è decisamente più bella, più giusta e più umana. Intanto prima di chiamare a sé condivide percorsi di amicizia e si fa conoscere da quanti saranno invitati a seguirlo. Se nel capitolo cinque del suo vangelo san Luca chiede a Simone e alla sua squadra di “fidarsi” di lui che li farà pescatori di uomini, al capitolo quattro Gesù decide di stare un po’ a Cafarnao: quasi sicuramente a casa di Simone. Il che significa che quando Gesù lo chiama, loro sono già “compagni”; si conoscono e si frequentano. Simone non decide di seguire uno sconosciuto, uno visto per la prima volta. Ma un “amico” che ha un qualcosa di speciale e al quale è possibile dare fiducia. Non aveva senso – dopo una pesca fallimentare – prendere il largo di giorno e nuovamente gettare le reti della pesca. Simone però sa che l’“Amico” che gli ha guarito la suocera è affidabile. Fa suo l’invito di Gesù e lui e “soci” “presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano”.

Ecco la bella notizia: il vuoto, il buio, la notte e il nulla che tante volte arrivano nella nostra vita possano scomparire se decidiamo di affidarci alla Parola di Gesù e se compiamo la scelta di estrarre dall’ingiustizia, dalla miseria e dalle acque del male chi è piegato dalla povertà e non sa come raggiungere l’ossigeno della speranza, della giustizia e della vita dignitosa.

Prendere il largo e diventare pescatore di uomini”: che bel programma.

In fondo è ciò che un tempo si chiamava “vocazione”. E che non riguardava solo preti e suore, ma qualsiasi giovane che – nel processo di crescita e alle prese con la formazione cristiana – sentiva dentro di sé il desiderio di non vivere “solo” per potersi acquistare la casa di proprietà, l’auto o la seconda abitazione al mare o in montagna. Era il sogno – generoso e bello – di chi voleva fare cose “grandi” per gli altri; per chi viveva nel Sud del mondo; per i poveri e per chi era meno fortunato. Come ha fatto Pier Giorgio Frassati che non è diventato né prete né monaco, ma chi si è speso (e spento!) per portare speranza a chi non aveva nulla.

Ed è di questo invito che hanno bisogno come il pane i nostri giovani (e noi con loro).

Buona domenica.

 

IL DIO CHE CI PORTIAMO DENTRO

 

Diceva il mistico Eckhart: “Chiamo Dio ciò
che è nel più profondo di noi stessi e nel
punto più alto delle nostre debolezze e dei
nostri errori”: E la Yourcenar affermava che
solo chi muore “sa dare un nome al Dio che
porta dentro”.

È molto più difficile accettare che ogni uomo
è un embrione di Dio e che la casa di Dio è
solo il cuore dell’uomo, di quanto sia accettare
un Dio onnipotente fuori dalla nostra vita
e dalla nostra storia.

Sentirsi Dio dentro è farsi carico di una responsabilità
che pochi sono disposti ad accettare.
Meglio affidarsi al Dio dei dogmi e
delle chiese.

È ben più difficile essere fedeli alla propria
coscienza che alle leggi esterne, per il semplice
motivo che la coscienza è la più esigente
di tutte le leggi.

Né la si può beffare, come si può fare con le
leggi. Essa è più severa; è la parte più profonda
di te, che ti dice con chiarezza e con
piena autenticità quando sei infedele al meglio
di te.

I cristiani predicano una “stoltezza” alla quale
neppure loro credono del tutto: che Dio “si fece
carne” e pertanto dolore, ma anche gioia, piacere,
amore in tutte le sue espressioni. Altrimenti
si sarebbe fatto angelo, spirito. No. Si
è fatto uomo, con tutte le sue conseguenze,
con tutte le sue miserie e le sue sublimità.
Ma uomo.

Per questo il dato più certo di ogni religione
sarebbe che Dio è soltanto ciò che di divino
l’uomo si porta dentro.

           Juan Arias

 

 

 A UN ANNO DALLA MORTE DI MONS. LUIGI BETTAZZI


Come amici e simpatizzanti di “Una Chiesa a  più voci” e a nome di quanti lo hanno conosciuto e  seguito quale Pastore, facciamo memoria del carissimo Mons. Luigi Bettazzi che, in questi giorni, un anno fa,  ci insegnava come si può serenamente e consapevolmente affrontare la malattia  e la morte che giunse prima dell’alba del 16 luglio, memoria della Madonna del Carmelo.

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      In quale dio si crede?

 

Oggi il problema non è l'ateismo. Il vero problema è: in quale Dio si crede. Io non credo in Dio; credo solo nel Dio di Gesù Cristo, nel Dio degli umili, degli oppressi, nel Dio per l'uomo, fratello di tutti gli uomini, che anzi si offre perché tutti vivano, ecc.

Gesù Cristo è ucciso in nome di Dio; del Dio sbagliato, naturalmente.

Anche S. Paolo dice: "Io per dar gloria a Dio, volevo metter a morte tutti i cristiani" (Gal 1,13-14).

Ma poi diventa cieco.

L'uomo sbagliato

Un altro pericolo, uguale al primo (falso concetto di Dio), è il falso concetto di uomo. Bisognerebbe che ciascuno di noi pensasse di rispondere a questa domanda: cosa pensi di te stesso? Come di concepisci?

L'uomo sbagliato è una conseguenza del Dio sbagliato. Si ha l'uomo sbagliato quando questi si crede un assoluto, si crede l'unica fonte del bene e del male; si crede autonomo, padrone di fare quello che vuole. Da qui nasce l'arbitrarietà, il sopruso, la sopraffazione, la strumentalizzazione dei valori, la devastazione, fino all'autodistruzione.

David Maria Turoldo, La guerra sconfitta di Dio, Ed.Colibrì

 


L’iniziativa “Una Chiesa a più voci”, lanciata nel 2007 nel corso dei lavori di ristrutturazione della chiesa parrocchiale, ha finora realizzato centinaia di serate e diverse domeniche con la presenza di relatori qualificati, con toccanti testimonianze di vita e temi anche scottanti, suscitando solitamente grande interesse e qualche prevedibile dissenso. Incontri stimolanti, arricchenti e apprezzati da quanti, liberamente e responsabilmente, hanno partecipato e ci chiedono di continuare ad offrire nuove opportunità di ascolto per approfondire, conoscere, confrontarsi sui diversi argomenti, problematiche e proposte che interpellano credenti e non credenti, in uno spirito di rispetto per le singole sensibilità e cammini di crescita umana e spirituale, in un contesto di Chiesa e di società sempre in continua evoluzione.

Ostinati e convinti sostenitori del Concilio vaticano II e delle sue grandi aperture e innovazioni pastorali, leggeremo e ci confronteremo attentamente,  consapevoli che siamo chiamati al servizio del vangelo e non viceversa. Qualcosa che è possibile e necessario fare anche quando non ci fossero spazi istituzionali e parrocchiali disponibili.

Nel sito www.unachiesaapiuvoci.it troverete prossimamente le date delle serate in calendario. E aggiornamenti con articoli e riflessioni sull’attualità.

 

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