Operazione raccolta fondi per Moldavia
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BATTESIMO DEL SIGNORE (Lc. 3,15-16.21-22) - 12.I.2025 - (Il cielo si aprì.)
Quando uno si immerge in un fiume, possono succedere due cose: o che si bagni (e si lavi) o che affoghi. Il battesimo di Giovanni voleva significare queste due cose:
- chiedere a chi si “battezzava” di “lavare” il male, il peccato e l’egoismo che è in lui;
- invitare chi si immergeva nelle acque del fiume Giordano ad “affogare” e “uccidere” il suo attaccamento all’io, al male e alla voglia di dominare gli altri.
Ma perché Gesù – che non aveva nessun bisogno di sradicare da sé stesso male, cattiveria e peccati vari – ha deciso di recarsi anche lui di farsi battezzare da Giovanni Battista? Perché vuole rispondere all’umanità che, angosciata, da millenni grida: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is. 63,19). Con il cielo “chiuso”, l’orizzonte della vita è cupo, buio, sbarrato e privo di speranza. Era così ai tempi di Gesù. Ed è così ancora oggi. Ed è per questo motivo che, appena battezzato, Gesù “stava in preghiera, il cielo si aprì e discese su di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba”.
Dicono gli esperti che non esiste posto, sulla terra, più basso del luogo in cui il fiume Giordano si getta nel mar Morto (397 metri sotto il livello del mare). Ed il cielo si apre nel preciso istante in cui Gesù “scende” verso di noi. Da sempre l’umanità rincorre il sogno di “salire” verso l’alto: per raggiungere successo, potere o gloria. E più l’uomo ha tentato questa scalata e più ha dovuto constatare un cielo sbarrato che assiste impotente alle sofferenze che si consumano su questa povera e drammatica terra. Con Gesù Dio decide di prendere l’iniziativa. Non siamo più noi che dobbiamo provare a salire verso il cielo. È Lui – il Dio di Gesù – che scende verso di noi. E che ci mostra il Cielo aperto e lo Spirito di Dio, che in modo corporeo, si posa su ciascuno di noi.
Seconda domanda: ma perché a pochi giorni dal Natale, la chiesa ci presenta Gesù adulto alle prese con il Suo battesimo? Perché non vuole che la celebrazione del Natale diventi una bella poesia o – peggio ancora – una favola al termine della quale si smonta il presepe e si torna alla vita di sempre. La chiesa – esperta di umanità – ci propone di passare da Betlemme al fiume Giordano perché ognuno di noi possa confrontarsi con quel Gesù Signore che ha aperto i cieli per noi e che ci ha “immersi” (nel nostro battesimo) nell’amore di Dio (siamo amati da Lui) che ci educa e ci insegna ad amare chi ci è accanto.
Non siamo abituati a celebrare la festa del nostro battesimo. Rischia di essere una data, un evento e un sacramento di ieri presente solo in qualche foto sbiadita. In realtà quel giorno ci è stato fatto un dono (grande) che – se accolto giorno dopo giorno – ci porta a vivere con il Signore Gesù che ci abilita a vincere, quotidianamente, il male con il bene.
Non solo. Quel giorno – quando siamo stati battezzati – siamo entrati in una comunità che, carica di imperfezione e di limiti, ha il grande pregio di impedire che ognuno di noi si ritrovi in quella dolorosa solitudine che le nostre società del consumismo conoscono molto bene. Inutile negarlo: siamo sempre connessi, ma sempre più soli. Un terzo delle famiglie italiane è composto da un solo elemento! Per moltissimi bambini (e loro famiglie!) la loro prima comunità è quella della scuola (dell’infanzia o primaria). Ma sono soli anche i nostri adolescenti. I quali, per sfuggire a questa avarizia di relazioni, si improvvisano “amanti” prima del tempo: alle prese con “fidanzatine” e “fidanzatini” che, in molti casi diventano la spia che denuncia che si sta crescendo senza la compagnia di una indispensabile vita comunitaria (fonte di gioia e di fatiche). Alle prese con queste solitudini a due, però, i nostri ragazzi non si accorgono che così facendo non riescono a impiantare, nella loro vita, i semi della solidarietà, della generosità e del coraggio per ideali alti e difficili da raggiungere.
Senza la comunità del Signore Gesù che ci consegna il Suo Vangelo e che spezza il pane con noi e per noi, ognuno di noi si illude di poter scegliere i suoi amici, di poterli selezionare, di fare solo ciò che vuole e – ennesima povertà – di sentirsi autorizzato a interrompere impegni di formazione e di servizio agli altri “quando voglio” oppure “quando non sento più nulla dentro” (“Perché io non mi faccio condizionare da nessuno!!!”).
Dopo il Suo battesimo Gesù non è più tornato indietro. Si è posto sulla soglia del cielo per aprirlo in modo definitivo (“squarciarlo”, dice il Vangelo di Marco) e per donarci – in modo definitivo – quella comunità (imperfetto e carica di limiti) senza la quale – però – non conosciamo la fraternità che rompe ogni solitudine, la libertà dell’accogliere l’altro come un dono, la forza rigenerante del perdono e la gioia che scaturisce dal vivere per gli altri.
Buona festa a tutti.
BATTESIMO DEL SIGNORE
Luca 3,15-16.21-22
Caro Gesù,
da piccolo mi sono bruciato davanti a camino. E ancora oggi il fuoco mi attira e mi fa paura.
Il fatto poi che in queste vacanze di Natale molto persone siano morte in casa a causa di stufe e camini difettosi, mi convince sempre più che con il fuoco non si scherza.
È vero che san Francesco lo chiamava “fratello fuoco”, ma io preferisco lasciare che stufe, fornelli e fiamme varie le gestiscano i grandi.
Per questo ho apprezzato quello che Tu, Risorto, hai detto ai tuoi apostoli: “sarete battezzati in Spirito Santo” (Atti 1,5) togliendo il riferimento al “fuoco” che faceva Giovanni Battista.
Grazie Gesù.
Tu non sei venuto per condannare o per gettare nel fuoco chi fa i peccati, ma per aiutare chi è caduto a rialzarsi.
Gesù Ti prego per Zio Giorgio che di lavoro fa il pompiere.
Proteggi lui e chi lavora con lui.
IL DIO CHE CI PORTIAMO DENTRO
Diceva il mistico Eckhart: “Chiamo Dio ciò
che è nel più profondo di noi stessi e nel
punto più alto delle nostre debolezze e dei
nostri errori”: E la Yourcenar affermava che
solo chi muore “sa dare un nome al Dio che
porta dentro”.
È molto più difficile accettare che ogni uomo
è un embrione di Dio e che la casa di Dio è
solo il cuore dell’uomo, di quanto sia accettare
un Dio onnipotente fuori dalla nostra vita
e dalla nostra storia.
Sentirsi Dio dentro è farsi carico di una responsabilità
che pochi sono disposti ad accettare.
Meglio affidarsi al Dio dei dogmi e
delle chiese.
È ben più difficile essere fedeli alla propria
coscienza che alle leggi esterne, per il semplice
motivo che la coscienza è la più esigente
di tutte le leggi.
Né la si può beffare, come si può fare con le
leggi. Essa è più severa; è la parte più profonda
di te, che ti dice con chiarezza e con
piena autenticità quando sei infedele al meglio
di te.
I cristiani predicano una “stoltezza” alla quale
neppure loro credono del tutto: che Dio “si fece
carne” e pertanto dolore, ma anche gioia, piacere,
amore in tutte le sue espressioni. Altrimenti
si sarebbe fatto angelo, spirito. No. Si
è fatto uomo, con tutte le sue conseguenze,
con tutte le sue miserie e le sue sublimità.
Ma uomo.
Per questo il dato più certo di ogni religione
sarebbe che Dio è soltanto ciò che di divino
l’uomo si porta dentro.
Juan Arias
A UN ANNO DALLA MORTE DI MONS. LUIGI BETTAZZI
Come amici e simpatizzanti di “Una Chiesa a più voci” e a nome di quanti lo hanno conosciuto e seguito quale Pastore, facciamo memoria del carissimo Mons. Luigi Bettazzi che, in questi giorni, un anno fa, ci insegnava come si può serenamente e consapevolmente affrontare la malattia e la morte che giunse prima dell’alba del 16 luglio, memoria della Madonna del Carmelo.
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In quale dio si crede?
Oggi il problema non è l'ateismo. Il vero problema è: in quale Dio si crede. Io non credo in Dio; credo solo nel Dio di Gesù Cristo, nel Dio degli umili, degli oppressi, nel Dio per l'uomo, fratello di tutti gli uomini, che anzi si offre perché tutti vivano, ecc.
Gesù Cristo è ucciso in nome di Dio; del Dio sbagliato, naturalmente.
Anche S. Paolo dice: "Io per dar gloria a Dio, volevo metter a morte tutti i cristiani" (Gal 1,13-14).
Ma poi diventa cieco.
L'uomo sbagliato
Un altro pericolo, uguale al primo (falso concetto di Dio), è il falso concetto di uomo. Bisognerebbe che ciascuno di noi pensasse di rispondere a questa domanda: cosa pensi di te stesso? Come di concepisci?
L'uomo sbagliato è una conseguenza del Dio sbagliato. Si ha l'uomo sbagliato quando questi si crede un assoluto, si crede l'unica fonte del bene e del male; si crede autonomo, padrone di fare quello che vuole. Da qui nasce l'arbitrarietà, il sopruso, la sopraffazione, la strumentalizzazione dei valori, la devastazione, fino all'autodistruzione.
David Maria Turoldo, La guerra sconfitta di Dio, Ed.Colibrì
L’iniziativa “Una Chiesa a più voci”, lanciata nel 2007 nel corso dei lavori di ristrutturazione della chiesa parrocchiale, ha finora realizzato centinaia di serate e diverse domeniche con la presenza di relatori qualificati, con toccanti testimonianze di vita e temi anche scottanti, suscitando solitamente grande interesse e qualche prevedibile dissenso. Incontri stimolanti, arricchenti e apprezzati da quanti, liberamente e responsabilmente, hanno partecipato e ci chiedono di continuare ad offrire nuove opportunità di ascolto per approfondire, conoscere, confrontarsi sui diversi argomenti, problematiche e proposte che interpellano credenti e non credenti, in uno spirito di rispetto per le singole sensibilità e cammini di crescita umana e spirituale, in un contesto di Chiesa e di società sempre in continua evoluzione.
Ostinati e convinti sostenitori del Concilio vaticano II e delle sue grandi aperture e innovazioni pastorali, leggeremo e ci confronteremo attentamente, consapevoli che siamo chiamati al servizio del vangelo e non viceversa. Qualcosa che è possibile e necessario fare anche quando non ci fossero spazi istituzionali e parrocchiali disponibili.
Nel sito www.unachiesaapiuvoci.it troverete prossimamente le date delle serate in calendario. E aggiornamenti con articoli e riflessioni sull’attualità.