XXXI domenica Anno C

31-10-2022 - Preghiere poesie

XXXI domenica  Anno C

Luca 19, 1 - 10

«Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand'ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua". Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È entrato in casa di un peccatore!". Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto". Gesù gli rispose: "Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch'egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto"».

 

Zaccheo vuole “vedere” Gesù, ma è lui – il Signore – che alza per primo lo sguardo verso di lui. Il capo dei pubblicani è convinto che Gesù lo si raggiunga solo “salendo” su un sicomoro, ma non appena Gesù lo intravede la sua richiesta è chiarissima: “Zaccheo, scendi subito”. Il che significa che il solo modo per arrivare a Dio e scendere verso il basso e lasciarsi trovare da Lui! Zaccheo significa, in ebraico, “puro”, ma le sue scelte e la sua professione (pubblicano: colui che riscuote le tasse per l’Impero Romano con annessa autorizzazione a chiedere di più del dovuto) lo hanno portato ad essere il massimo dell’impurità. San Luca specifica che Zaccheo era “piccolo di statura”, ma quasi sicuramente non si riferisce alla corporatura, quanto piuttosto alla sua fragilità personale e al suo rubare sui deboli e sui poveri. “Piccolo” inteso dunque “meschino” perché disonesto.

Ultimo particolare. Gerico, la città in cui avviene l’incontro, si trova 240 metri sotto il livello del mare. Ed il messaggio per il discepolo di Gesù è chiaro: libertà e pienezza di vita si trovano solo se si scende verso gli ultimi. In alto – dove tutti noi cerchiamo successo, carriera, benessere ad ogni costo e ricchezza abbondante – non esiste la gioia perché questa abita solo nel servizio svolto verso i deboli.

Sembra quasi che san Luca voglia aiutarci a capire che in ognuno di noi c’è un po’ di Zaccheo. Come lui siamo “puri” e desiderosi di fare il bene; siamo cioè capaci di compiere gesti buoni e di uscire dal nostro egoismo con slanci di altruismo e di generosità. Spesso, però, anche noi – come Zaccheo – ci lasciamo prendere dalla logica del prendere e dell’accumulare oppure siamo tentati dal trasformare il servizio che svolgiamo in una “postazione di potere” finalizzata a comandare, a dominare gli altri e a portarci “sopra” il fratello. Siamo fatti così: È parte costitutiva della nostra fragilità. A parole vogliamo fare del nostro compito un “servizio”. In modo sottile e quasi impercettibile, però, si insinua anche in ognuno di noi il desiderio del “potere” che spinge chi doveva chinarsi sull’altro a usarlo affermare sé stesso. Si tratta di un meccanismo facilmente riconoscibile nel mondo della politica (in campagna elettorale tutti i candidati chiedono il voto promettendo un preciso servizio; se eletti, però, non pochi sono più preoccupati di sistemare sé stessi e i propri familiari che svolgere il servizio promesso). Ma è così in ogni ambiente.  Anche nelle nostre comunità cristiane. Con il grande rischio di dimenticare che solo nel servire e nel chinarsi sul debole si diventa grandi e si diventa autorevoli (non autoritari) e meritevoli di stima.

Bella la reazione di Zaccheo. “Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia”. È davvero una grande “gioia” “uscire” dal pantano dei litigi e “scendere” da quelle ambizioni che generano solo competizioni e divisioni. Non appena si scopre “l’acqua fresca” del servire proposta da Gesù si scende, “in fretta” da quel falso modo di vivere e – così facendo – si fa intensa esperienza di gioia. Zaccheo è così scioccato da questo incontro e così sicuro di aver trovato la sorgente che lo rende libero dentro e puro nel “cuore” che decide di condividere la metà di quello che possiede con chi ha nulla e di restituire il quadruplo alle vittime dei suoi furti. Due elementi vanno ancora evidenziati. Il primo è la parola “oggi” che rimanda al nostro tempo e non a ieri e nemmeno a domani. “Oggi” Gesù alza lo sguardo per farci scendere dalle nostre fragilità.  “Oggi” Gesù vuole fermarsi “a casa mia”. “Oggi” Lui cambia in meglio la mia vita, non domani!

Il secondo elemento è la frase: “Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. Una chiesa di puri, di perfetti e di santi è una chiesa noiosa, antipatica, ma anche falsa. Perché una comunità che allontana chi cerca il Dio di Gesù che accoglie senza giudicare, non è la Sua chiesa. Può essere un’Associazione, un Partito o una setta, ma non è la chiesa di Gesù. La quale è “casa” per tutti, ma soprattutto per chi sta male e per chi si sente bisognoso del perdono di Dio ed è pronto a servire.

Niente di più, ma niente di meno.  Buona domenica.

 

Preghiera dei piccoli

Caro Gesù,

                   sai che cosa mi piace di questo racconto? Che Zaccheo fa di tutto per vederti, ma il primo che lo fissa negli occhi e che gli rivolge la parola sei Tu.

Lui spera di poterti vedere. Anche da lontano.

Ma Tu ti fermi, lo fissi, gli parli e gli dici che vuoi stare con lui e fermarti a casa sua.  Gesù sei davvero speciale.

Sei sempre dall’altra parte.

Sei imprendibile e soprattutto sei sempre capace di cambiare le cose e i punti di vista.

Aiutami, Gesù, a fare diventare mia la parola “oggi”.

Io dico sempre “dopo”, “poi” o “domani”.

Insegnami a dire “oggi” e a fare adesso quello che con la scusa di “domani” vorrei evitare e non fare.

 

P.S. Oggi con i miei genitori andiamo al cimitero a portare dei fiori sulla tomba del nonno. Che è con Te. Nella Tua Pace.