CARA SORELLA PALESTINESE

24-02-2024 - Notizie

Cara sorella palestinese,

ti scrivo da terre molto lontane, dal mio territorio di Puelmapu, il territorio mapuche, nel sud della Patagonia, sotto l'amministrazione dello Stato argentino.

Sono figlia di una nazione che è stata anch'essa invasa, quella del popolo mapuche, un popolo che ricorda ancora i suoi giorni di libertà, quando potevamo andare per il nostro Wall Mapu senza confini e senza recinti. Come il tuo popolo, cara sorella, anche il mio conosce lingiustizia dell'espropriazione, il dolore del genocidio, la desolzione dell'essere schiavi nella nostra stessa terra, le deportazioni della morte, le delocalizzazioni forzate.

Abbiamo avuto modo di sentire sulla nostra pelle l'indolenza del mondo e anche oggi subiamo l'imposizione di due stati coloniali, Argentina e Cile, che continuano a perseguitarci, a imprigionarci e ad assassinarci.

La mia famiglia è miracolosamente sopravvissuta ai campi di concentramento, alla tortura e allo sterminio. Vengo da lì, da un lignaggio radicato nel profondo della memoria tellurica di questi territori, da un popolo-nazione, coraggioso e pieno di dignità.

ll popolo palestinese vive nel mio cuore da qualche anno, da quando ho saputo che li, nel lontano eppure così vicino Medio Oriente, stava accadendo una storia simile alla nostra, con un popolo originario invaso da uno stato coloniale, lsraele. E qualcosa di così simile a quel che è accaduto a noi, con qualche decennio di differenza, dato che lo Stato argentino concluse la sua campagna genocida alla fine del 1800, ma il suo Stato si stabilì definitivamente nel Puelmapu all'inizio del 1900.

Mi attraversa il corpo ogni proiettile che uccide la vita delle mie sorelle e dei miei fratelli palestinesi. Rivivo il genocidio con ogni bomba che cade su Gaza, con ogni bambino assassinato. La morte di persone innocenti si diffonde in tutto il territorio palestinese, nelle mani dello Stato israeliano.

Ho ricevuto dai miei progenitori un insegnamento molto, molto antico nella filosofia del mio popolo mapuche, il nostro kuifikimvn.

Mi parlano del YERPUN (Il libro sacro delle terre del sud, nd), dell'attraversare la notte per essere una persona, elevando il nostro ESSERE come umanità. Dobbiamo attraversare ostacoli, dolori, pene profonde, attraversare la notte più buia per far sorgere un nuovo giorno, luminoso e pieno. Mi chiedo: quando attraverseremo tutta la notte? Cosa è successo al popolo ebraico che pure ha vissuto la sua notte lunga e profonda? E' per caso rimasto nell'oscurità?

Oppure sono stati sequestrati da coloro che governano le notti, inoculando gli incubi peggiori? Forse i mostri della notte hanno preso il controllo del mondo, addormentando i nostri sensi con sonniferi carichi di menzogne. Avremo molti YERPUN, amata sorella. Però prima o poi i popoli tellurici attraverseranno la notte e le forze militari coloniali dovranno arrendersi di fronte all'unità dei popoli, alla solidarietà e alla forza della giustizia e della fratellanza di un'umanità che oltre ogni confine continua a scendere nelle strade, convinta che finché non ci sarà giustizia contro i criminali non ci sarà pace.

Le forze di occupazione hanno sempre agito lanciando un apparato di propaganda che mette a tacere la coscienza dei popoli, che giustifica davanti al mondo i loro aberranti crimini. La narrativa coloniale comincia con l'identificazione delle vittime come terroristi e degli Stati terroristi come giustizieri.

La nazione mapuche conosce molto bene questo racconto perverso, che funziona a favore degli oppressori perché il razzismo, che struttura la dottrina delle democrazie che odiano, non viene messo in discussione dalla stragrande maggioranza della popolazione mondiale.

Una piccola parte dell'umanità, quella che concentra il potere, è suprematista, razzista e ha deciso che la vita dei popoli razzializzati non ha importanza. Ho appreso che una parte della popolazione ebraica è repressa dalla tirannia di coloro che governano lo Stato di Israele e mettono in atto il genocidio. So che uomini e donne ebrei hanno coraggiosamente alzato la voce per esprimere la loro rabbia e chiarire che non permetteranno che un popolo continui ad essere assassinato in loro nome. Molte di queste persone coraggiose hanno subito maltrattamenti, torture e reclusione da parte delle forze repressive del governo israeliano di estrema destra, un governo sionista e fascista.

Quella parte di sorelle e fratelli ebrei antisionisti sono perseguitati perché sentono e assumono la loro profonda umanità, vergognandosi degli assassini che affermano di rappresentarli. Anche a loro rivolgo il mio abbraccio.

Mi ricordano gli uomini e le donne argentini che coraggiosamente sono andati a denunciare lo Stato, insieme al popolo mapuche, quando i proiettili del comando unificato argentino furono sparati contro i nostri figli. È accaduto soltanto un anno fa. Naturalmente, il ripudio di questa caccia ai bambini e alle donne mapuche non è stato di massa, è venuto solo da una manciata di esseri consapevoli e solidali. Ci sarà sempre una voce che si alzerà saggiamente e coraggiosamente per dire basta!

In questi giorni penso ad Hannah Arendt, ebrea, che dapprima aderisce al sionismo, con principi e in un contesto tanto diversi da quelli di oggi, e poi viene perseguitata e odiata dai "suoi", che non le permisero di esprimere critiche e domande dí fronte a un nazionalismo coloniale e razzista che si annunciava tanto crudele quanto i suoi persecutori nazisti. Lei già poteva vedere in cosa si sarebbe trasformata la forza politica che si articolava per sostenere un'occupazione forzata, sanguinosa e crudele.

Desidero tanto, cara sorella palestinese, che le donne del mondo si uniscano in un appello per uno sciopero globale contro il genocidio, per termare la guerrae, se funzionasse, anche per fermare il mondo e coloro che traggono profitto dalla guerra, i veri beneficiari di questo massacro. Sappiano che siamo determinati a strappare dalle loro mani il nostro diritto alla giustizia e alla pace.

Credo fermamente nella nostra forza, nella nostra capacità di creare consensi, nel nostro discernimento per vedere, al di sopra di ogni differenza, l'importanza di sostenere la VITA. Mia cara sorella palestinese, abbraccio il tuo popolo con tutto il mio essere pieno di amore.

Mi causano vergogna i miei limiti e la mia impotenza di fronte a ciò che state attraversando. Credetemi, vorrei essere ad aiutare. Come donna mapuche, so cosa vuol dire la mancanza di tutto e quanto è meraviglioso quando, nel mezzo dell'angoscia, una mano amica ci viene tesa con l'aiuto di cui abbiamo bisogno. Desidero la libertà del tuo popolo tanto quanto sogno la libertà del mio. Weayiň lamngen Palestina.

Vinceremo, sorella palestinese.

Moira Millan*

 

*Donna, del popolo mapuche, coordinatrice del "Movimiento de Mujeres y Diversidades Indigenas por el buen vivir' rappreÅŸentantÄ™ di un popolo oppresso dalla violenza razzista degi Stati del Cile e dell'Argentina.