Giovani, a noi che cosa resterà?

24-02-2024 - Notizie

 Giovani, a noi che cosa resterà?


22.02.24 - Teodoro Palpacelli - 
Pressenza


È successo ancora una volta. Sabato scorso un ragazzo di 14 anni ha tentato di togliersi la vita al Liceo scientifico Savoia di Ancona.
Secondo dati recenti, un ragazzo o una ragazza ogni giorno tenta il suicidio. Dobbiamo fermarci, dobbiamo riflettere, e dobbiamo farlo ora.
Ogni giorno sentiamo sulle spalle il peso delle aspettative, a volte impossibili da raggiungere, che la scuola e la società ci impongono. La mattina a scuola rimaniamo diligentemente cinque ore tra i banchi, e assimiliamo le nozioni necessarie a diventare future risorse umane. Nascondendosi dietro l’insegna del merito e della serietà, stanno privando l’ambiente scolastico di ogni forma di confronto e di comunicazione profonda. A volte, oltre a chiederci se abbiamo studiato, ci piacerebbe anche che ci chiedessero come stiamo.
Ci stanno privando degli spazi di autonomia, unici anticorpi contro l’isolamento. Ci piacerebbe sentire un po’ più spesso la parola “gioco”, base di ogni principio di sana pedagogia. Il mondo degli adulti spaventa i ragazzi e le ragazze che, a quattordici anni, si ritrovano a scegliere la scuola in cui staranno cinque ore ogni giorno dei loro prossimi cinque anni. E davanti a questa scelta, già di per sé difficile, hanno scuole che offrono infiniti nuovi bizzarri indirizzi per insegnare le “competenze del futuro”. E da tutto ciò cos’è che arriva a noi ragazzi? Che il mondo dei grandi è una giungla e che dobbiamo armarci di più competenze possibili per poter sopravvivere. Questa incertezza verso il futuro è accompagnata da un contesto in cui crisi climatiche, finanziarie e guerre sono all’ordine del giorno.
Noi, invece, vogliamo riappropriarci dei nostri spazi, fuori e dentro la scuola, perché l’unico modo per combattere questo disagio è ricostruire una collettività. L’unico modo per evitare l’isolamento è parlare, è creare spazi di confronto nelle scuole, con o senza gli adulti. La società ci vuole sempre più focalizzati su noi stessi, ci vuole rendere macchine performative, ma noi non siamo questo. Siamo ragazze e ragazzi, e vogliamo riconquistare il nostro essere giovani, l’aria tra i capelli di un tramonto in estate in riva al mare, i momenti in cui non si fa altro che parlare con i propri amici. Ci vogliono rendere adulti già da bambini, vogliono utilizzare il nostro tempo per il loro guadagno, e a noi cosa resterà? Nulla, se non una grande malinconia per tutti i momenti perduti. Perché non vogliamo più vivere in funzione di un attestato, di una certificazione o di un diploma. Abbiamo bisogno di relazioni umane, di arte e di scuola. Abbiamo bisogno, però, della scuola che ci valorizzi, che tiri fuori e faccia esprimere i talenti che risiedono in noi. Abbiamo bisogno di slegarci dalle catene delle regole rigide, dall’ansia e dalla sorveglianza della scuola del merito.
Abbiamo bisogno di una maggiore attenzione da parte dell’istituzione scolastica alla salute mentale dei ragazzi e delle ragazze, con psicologi gratuiti in ogni scuola e professori formati e attenti riguardo alla condizione psichica dei ragazzi.

Martedì 27 febbraio alle 15, ad Ancona, presso la sede dell’associazione Acu Gulliver, si terrà un’assemblea pubblica, organizzata da studenti medi e universitari di Ancona e di altre località delle Marche. In questa occasione vorremmo discutere insieme della nostra condizione nei luoghi di studio e di eventuali mobilitazioni.
Riprendiamoci il nostro futuro.

 

 

E IO NON POSSO FARCI NULLA

 

(Chi pensa ai morti, ai disperati, ai profughi ucraini e russi?)

 Gilberto SQUIZZATO*

 

Anche oggi. Come ieri. Come l'altro ieri. Come domani. Dal febbraio dell'anno scorso.

E non posso farci niente.

Non posso, non riesco a impedire che anche oggi almeno dieci o venti o trenta soldati ucraini siano colpiti falcidiati sventrati.

Altri padri che lasciano una lunga interminabile scia di orfani stracolmi di odio, rancore, bisogno di vendetta per onorare la morte dei padri. E l'odio doveroso e imperterrito andrà avanti per secoli.

Lo stesso accade dall'altra parte. Come a birilli del bowling planetario il nuovo zar ha ordinato: andate a farvi ammazzare per la santa Madre Russia. E intanto bacia icone, si segna con la croce.

Dalle isbe partono i coscritti costretti alla tomba in un tank o in una zolla di fango non lontano da dove caddero le centomila gavette di ghiaccio.

E io non posso farci niente ma sono costretto a sapere, ignorare mi è negato anche se sono già così provato fin dai tempi del Grappa e dell'Isonzo, di Caporetto e del Piave, lugubri memorie dei miei nonni per non dire dei caduti partigiani, degli internati, degli annientati che mi raccontò mio padre per averli conosciuti di persona.

E io non posso darci niente. Come Francesco, come Zuppi. Perché questo, Zuppi, non è il Mozambico dove in cinque anni sei riuscito a costruire la pace. Questo, Zuppi, non è un odio casuale, questo è un odio vecchio di secoli. Ci hanno marciato sopra imperi viennesi, polacchi, ungheresi, tedeschi, con gli ebrei che davano invano il meglio di sé a una terra che non li sentiva come figli.

Coi nazisti che si son fatti lustrare gli stivali immacolati intrisi della feroce merda hitleriana da quelli che credevano di glorificare la loro povera patria mettendosi coi più forti.

E io non posso fare nulla.

Neanche per le migliaia di madri che urlano per i figli rapiti, trasferiti dai prati del Dniepr fin oltre il Volga, perché questo è un odio che risale dentro le vene del tempo incrudelito per secoli e secoli qui dove l'Oriente ha fine e nasce l'Occidente. Terra predestinata ad essere martoriata. E intanto Ivan e Pietro e Caterina danzano la danza macabra del trono mai sazio di popoli e di sangue.

Brutta bestia il Tempo che finge paci eterne e poi si agghinda di trincee così all'improvviso, perfidamente e con lui mente cinica la Storia vendemmiando bombe a grappolo come se fosse niente.

P e P, Putin e Prigozhin, hanno già messo su due Redipuglia, forse di più con la carne dei giovani russi: cinquecento ogni h. 24, belli biondi ignari nuovi servi della gleba dell'Impero che più non nascerà.

E intanto a Kiev, Leopoli e Karkiv la lunga fila di amputati, ciechi e storpi e sordi e deprivati si domanda: servi o morti, per noi non era meglio?

La Storia ride, si fa beffe la Storia. Ogni massacro ha le sue spiegazioni complesse, razionali, internazionali, inconsce, subliminali.

Zuppi spera, insiste, prega; Bergoglio esecra gli armamenti, fra i lamenti implora fine a questa mole immensa di tormenti.

Io qui giaccio, vedo, sento, io non posso farci niente. Ogni TG mi scava dentro una trincea. Sto anch'io in prima linea sull'assurdo del dolore.

Anche se non posso farci niente. Da quando ho cominciato a scrivere queste inutili parole, altri cinque, sei, sette, dieci ucraini non vedranno più figli, mogli, fidanzate, altri dieci ragazzi russi sono andati docilmente a farsi ammazzare.

*Giornalista, scrittore e regista

 

QUALEVITA, febbraio 2024

 

 

LA SALVEZZA È NELLE NOSTRE MANI

Piero CALAMANDREI

 

Chi è che semina le guerre? Se tra uno o tra dieci anni una nuova guerra mondiale scoppierà, dove troveremo il responsabile? Nell'ultima guerra la identificazione parve facile: bastò il gesto di due folli che avevano in mano le leve dell'ordigno infernale, per decretare il sacrificio dei popoli innocenti. Ma oggi quelle dittature sono cadute: oggi le sorti della guerra e della pace sono rimesse al popolo. Questo vuol dire, infatti, democrazia: rendere ogni cittadino, anche il più umile, corresponsabile della guerra e della pace del mondo: toglier di mano queste fatali leve ai dittatori paranoici che mandano gli umili a morire, e lasciare agli umili, a coloro ai quali nelle guerre era riservato finora l'ufficio di morire, la scelta tra la morte e la vita.

Ma ecco, si vede con terrore che, anche cadute le dittature, nuove guerre si preparano, nuove armi si affilano, nuovi schieramenti si formano. Chi è il responsabile di questi preparativi? Si dice che gli uomini, che oggi sono al potere, sono stati scelti dal voto degli elettori: si deve dunque concludere che le anonime folle degli elettori sono anch'esse per le nuove carneficine?

Questa è oggi la terribile verità. La salvezza è solo nelle nostre mani; ma ognuno di noi, se la nuova guerra verrà, sarà colpevole per non averla impedita. […]

Se domani la guerra verrà, ciascuno di noi l'avrà preparata. Non potremo nascondere la nostra innocenza dietro l'ombra dei dittatori: quando c'è la libertà, tutti sono responsabili, nessuno è innocente.

 

QUALEVITA, febbraio 2024

 

 

 

 

 

LE GUERRE MENTONO

ASSOCIAZIONE "MONDO SENZA GUERRE E SENZA VIOLENZA"*

 

Nessuna guerra ha l'onestà di confessare "uccido per rubare".

Le guerre invocano sempre nobili motivi. Uccidono in nome della pace. Nel nome di Dio. In nome della civiltà. E in nome del progresso. In nome della democrazia…

E per sicurezza, se non bastano tante bugie... i mass media sono pronti a inventare nemici immaginari per giustificare la conversione del mondo in un grande manicomio e in un immenso macello.

In Re Lear, Shakespeare aveva scritto che "…in questo mondo, il pazzo guida il cieco...". E… quattro secoli dopo, i padroni del mondo sono dei pazzi innamorati della morte. Hanno trasformato il mondo in un luogo dove ogni minuto 10 bambini muoiono di fame o di malattie curabili e ogni minuto si spendono 3 milioni di dollari, 3 milioni di dollari al minuto per l'industria militare virgola che è una fabbrica di morte.

Le armi chiedono guerre e le guerre richiedono armi… e i 5 paesi che dirigono le Nazioni Unite, quelli che hanno il diritto di veto nelle Nazioni Unite, sono anche i principi i 5 principali produttori di armi.

Ci si chiede: per quanto tempo la pace del mondo sarà nelle mani di coloro che fanno il business della guerra? Per quanto tempo continueremo a credere che siamo nati per lo sterminio reciproco e che lo sterminio reciproco è il nostro destino? Per quanto tempo?

*da "Presenza", Agenzia di Pace, Nonviolenza, Qualità della Vita

 

QUALEVITA, febbraio 2024