XXIII DOMENICA ANNO B con preghiera dei piccoli
Marco 7, 31-37
«Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: “Effatà”, cioè: “Apriti!”. 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!”».
La strada che da Tiro porta al mare di Galilea procede verso sud. La città di Sidone è invece a Nord. Il che significa che lo spostarsi di Gesù è – dal punto di vista geografico – senza senso (come dire che da Milano, per raggiungere Bologna, “passò dalla Svizzera!”). Ed è la conferma che i movimenti di Gesù non sono dettati dalla priorità di percorrere la strada più corta, ma dal desiderio di raggiungere chi sta male anche se è lontano (e Sidone dista circa 40 Km. da Tiro). Ora è più chiaro che cosa vuole dire Papa Francesco quando parla di “chiesa in uscita”: un forte invito a diventare – come Gesù – una comunità cristiana che non aspetta nel proprio centro di culto le persone, ma che si sposta e che non ha paura- di fare più strada per andare a cercare chi sta male. Siamo stati male (tutti) quando abbiamo visto partire armi e soldati – da molte parti del mondo – con l’illusione del portare la democrazia in Afghanistan con lo strumento della guerra. Ma che bello sentire le testimonianze di piloti e di soldati che gioivano nell’andare in quella terra martoriata dai talebani per portare nel nostro Paese persone bisognose di aiuto, di futuro e di speranza.
Tra qualche anno saremo costretti non solo a costruire politiche dell’accoglienza verso i nostri immigrati, ma ad “andarli a cercare nel Sud del mondo” per sopperire alla nostra forte mancanza di manodopera (penso ai lavori stagionali in agricoltura quasi tutti, ormai, svolti da immigrati; alla mancanza di personale nel mondo della ristorazione, per non parlare di badanti e mondo dell’edilizia dove la “nostra” domanda supera l’offerta o al bisogno disperato di camionisti che ci sta mettendo in grossa difficoltà: ne mancano, solo in Italia, almeno 18.000). Il Vangelo ce lo fa capire in modo evidente: la libertà e la giustizia sociale che tutti cerchiamo è data dall’andare a cercare, non dal respingere o dal chiuderci nel nostro egoismo,
Ma torniamo alla nostra pagina di Vangelo. Perché Gesù percorre, a piedi, circa 80 Km., tra andare e tornare da Sidone? Perché sa che in quella città c’è un sordomuto: una persona che non potendo ascoltare nessuna parola non ha mai imparato a parlare. Gesù è Parola ed è perciò sensibile al dramma umano del non sentire che rende incapaci di parlare. Cambia strada; si dirige verso Nord anche se la sua mèta è a Sud, dedica una settimana del suo tempo per aprire gli orecchi di chi è isolato dal mondo dei suoni e per sciogliere la sua lingua affinché impari a parlare correttamente. Chissà quale è stata la prima parola proferita da quel sordomuto! Se proviamo a identificarci con lui, è inevitabile: avrà detto, con la voce, ma anche con il cuore, grazie! E se così sono andate le cose (ma non può essere molto diverso), emerge in modo chiaro che l’incontro con Gesù non apre solo alla vita e alla guarigione, ma sprigiona anche – in ciascuno di noi – la capacità di dire bene dell’altro e di ringraziare. Forse è anche per questo che siamo tutti un po’ musoni, inclini al pessimismo e non troppo soddisfatti dal presente. Perché ci siamo disabituati all’ascolto della Parola di Gesù. Perché non ci accorgiamo più che Gesù cambia strada per venirci ad aprire gli orecchi. Ma lontani dalla sua Parola restiamo immersi nel vocabolario della “pretesa” o della “protesta”, ma ci ritroviamo orfani tra le parole della riconoscenza. Non sappiamo più dire grazie, non cogliamo più la vita come un dono che merita riconoscenza e abbiamo smarrito la forza di ringraziare.
Aveva ragione Padre Jean del Togo che, dopo essere stato due anni in mezzo a noi, ci ha comunicato, prima di tornare nella sua chiesa, che per i loro popoli è “dura” perché non hanno mai “sentito” la Parola di Gesù, ma per noi è “peggio” perché eravamo immersi nella saggezza del Vangelo, ma oggi l’abbiamo dimenticata e disimparata. Gesù che cambia strada per passare da casa nostra è guarire le nostre relazioni tra sordi (quante difficoltà ad ascoltarci reciprocamente sono presenti nelle nostre case, sul lavoro, nelle comunità, nella politica e anche nelle nostre chiese) è una gran bella notizia.
Buon inizio di settembre.
Preghiera dei piccoli
Caro Gesù,
Enrico è il mio compagno di classe. Non è sordo. Però non parla. Nemmeno con sua mamma o suo papà. Con nessuno. Però si fa capire.
E quando è stanco o stufo si muove in modo agitato e così la maestra lo porta fuori, sulla sua carrozzina.
Ho pensato a Enrico quando ho sentito che Tu hai detto “Effatà” al sordomuto che volevano che Tu guarissi.
Avrei voglia di chiederti di guarire anche Enrico e di aiutarlo a parlare, a comunicare e a camminare bene.
Ti faccio però una preghiera al contrario: apri i nostri occhi e le nostre orecchie per imparare a vedere e a sentire chi, vicino a noi, sta male e ha bisogno di noi.
Sciogli la mia lingua, Gesù, e quando Enrico ha bisogno di aiuto fammi diventare la sua voce.
Dillo a me e a noi “Effatà”, Gesù.
Diventeremo tutti più buoni.