Preghiere poesie

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO con preghiera dei piccoli

 

Dal Vangelo secondo Matteo 5,13 - 16

 

13Il quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. 14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa.

 

 

Caro Gesù,

                   mia nonna mi chiama “salatino” perché dice che preferisco le cose salate a quelle dolci. Anche se poi mi sgrida perché dice che “troppo” sale fa male.

Gesù non voglio esagerare con il sale, però hai ragione Tu: è il sale che tira fuori il sapore del cibo e che lo rende buono.

In pratica Tu ci chiedi di diventare come il sale che entra nel cibo fino a scomparire senza però distruggerlo, ma dandogli sapore.

Oppure ci inviti a diventare come la luce che non consuma le cose, ma le fa vedere.

Tu, però, non ti sei rivolto solo a me. Hai detto “voi” per coinvolgere, con me, tutta la comunità.

Hai ragione Tu, Gesù.

Da soli non riusciamo a fare quello che Tu ci chiedi. Solo all’interno della Tua comunità, è possibile diventare il sale della terra e la luce del mondo.

Grazie Gesù per questi complimenti così intensi e speciali, sei l’unico che usa parole così belle per noi!.

III DOMENICA ANNO C

                                III DOMENICA ANNO C con preghiera dei piccoli

 

Luca 1, 1-4; 4, 14-21

 

«1Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, 2come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, 3così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, 4in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. 14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. 16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: 18Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, 19a proclamare l’anno di grazia del Signore. 20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

 

Se san Luca prende la decisione di scrivere “un resoconto ordinato” sulla vicenda Gesù di Nazaret è perché le comunità che incontra sono immerse nella disperazione causata dalla violenza dell’Impero Romano e dalla miseria più estrema. L’evangelista intuisce che il solo modo per riportare luce e speranza a chi è avvolto dalle tenebre è quello di educarlo a stare con un testo scritto incaricato di rendere presente il Signore Gesù in chi lo legge e lo ascolta.

Pochi decenni dopo l’opera di san Luca, il suo scritto (assieme a quelli di Matteo, Marco e Giovanni) verrà chiamato “Vangelo”, termine greco che significa “Buona Notizia” per ricordare che la sola fonte della gioia e della speranza è il Signore Gesù (e non le visite dell’Imperatore Romano”).

Significa, per essere concreti, che quando si è in mezzo alla tempesta, il solo modo per ritrovare serenità e voglia di vivere è quello di lasciarsi trovare dal Signore Gesù presente nella lettura, nella meditazione e nella preghiera del Suo Vangelo.

Nella Domenica della Parola fortemente voluta da Papa Francesco non dovremmo mai dimenticare questa fondamentale intuizione di san Luca. È vero: oggi le ragioni della speranza sono sempre meno. La pandemia non si ferma, l’inflazione sta rialzando la testa, i costi dell’energia sembrano impazziti, la metà delle classi scolastiche sono in didattica a distanza… . Per non parlare del Sud del mondo: non vaccinato e schiacciato tra guerre, cambiamenti climatici che causano siccità e fame bisogno di emigrare.

Che fare? È questa la domanda obbligata che affiora sulle nostre labbra. Per san Luca non ci sono dubbi: stare di più con il Signore Gesù presente nel Vangelo è il solo modo che ci aiuta a ritrovare le ragioni (vere) della speranza. Anche perché è questo il solo sentiero che ci rigenera: fermarsi per imparare ad ascoltare il Signore Gesù presente nel Vangelo con l’aiuto della comunità cristiana e con il supporto di libri, di commenti, di guide e di testi in grado di aiutarci ad entrare nella sola Parola che slava.

Si vedano gli otto versetti del capitolo quarto che la chiesa ci propone oggi. Gesù torna dove era cresciuto. Ormai, diremmo noi, è diventato famoso. Le folle lo cercano e lo inseguono non solo perché insegna e predica bene, ma anche perché si fa carico di chi è stanco, oppresso e senza speranza: sfama gli affamati, guarisce gli ammalati, perdona i peccati, etc. Ma cosa fa Gesù rientrato a Nazaret? Si reca nella sinagoga: dove la gente cerca Dio e parole vere di consolazione. Prima di iniziare a parlare, Gesù si fa dare il rotolo del profeta Isaia, la Parola di Dio. Lo apre (non lo tiene chiuso su un tavolo), legge il passo in cui viene promesso il lieto annuncio ai poveri, la liberazione dei prigionieri, la vista ai ciechi e la libertà per gli oppressi e poi lo richiude. Come a dire: per il pregare adulto, non partire mai da te, ma inizia sempre dall’ascolto della Parola di Dio.

Rientriamo però nel testo. Tutti fissano Gesù. Si aspettano il commento, la “predica” diremmo noi. Che non tarda ad arrivare. Composta però da sole dieci parole: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. La nostra salvezza – scrive san Luca – non proviene dal “passato” (con perenni nostalgie che ci rendono sempre fuori posto) e nemmeno dal “futuro” (lavorare giorno e notte per garantire un domani sereno ai miei figli!). La nostra salvezza si trova nel Vangelo del Signore Gesù accolto, “aperto”, letto, ascoltato e meditato “oggi”.

Oggi è nato per voi un Salvatore” dice l’angelo ai pastori che vegliavano il gregge.

Oggi per questa casa è venuta la salvezza” dice Gesù a Zaccheo che lo cerca e che si lascia trovare dal Signore (Lc. 19, 9). “Oggi sarai con me nel paradiso” assicura Gesù al ladrone che lo prega in croce.

San Luca sa molto bene che ieri e domani sono le trappole del nostro vivere che ci allontanano dalla verità, dalla libertà e dall’essere beati.

Il Vangelo non cancella con un colpo di spugna ciò che ci inquieta. Ma ci assicura che nonostante scenari cupi e pesanti anche nel nostro oggi è possibile ritrovare le ragioni della speranza. Con la forza e la bellezza del Vangelo che permette, anche a noi, di dire: “Oggi abbiamo visto cose prodigiose” (Lc. 5,26)

                                                                Preghiera dei fanciulli

Caro Gesù,

                    mi hai messo in crisi. Io dico sempre “poi”, “dopo” o “domani”. Per spostare a chissà quando quello che dovrei fare adesso.

Tu, invece, dici “oggi”. Ed è una parolina che voglio farmi entrare nel cuore e nella mente.

Tu non hai detto “domani”, “dopodomani” o “tra qualche giorno”. Hai detto “oggi”.

E come dicono i miei genitori, “Oggi” vuole dire “adesso” “subito”, non “mai più”.

Gesù grazie perché Tu sei con noi “Oggi”, non domani.

Grazie Gesù perché ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi e agli oppressi non hai detto “Domani vi aiuterò”, ma hai ribadito con forza che Tu ti prendi cura di loro “oggi”.

Proprio come hai detto a chi moriva in croce con Te: “Oggi sarai con me in paradiso”.

 

P.S. Gesù, puoi chiedere alla Maestra di spiegarci il Giorno della Memoria senza farci vedere film che non mi fanno dormire?

Giorno della Memoria

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
Primo Levi

Nel giorno della memoria, dedicato a chi resiste e combatte il fascismo in tutte le sue forme, passate e attuali, qui e altrove

III DOMENICA ANNO A

III DOMENICA ANNO A  con preghiera dei piccoli

Dal Vangelo secondo Matteo 4, 12 – 23  

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

È stato Papa Francesco ha istituire la Domenica della Parola di Dio. Ha voluto questa ricorrenza nella terza domenica del tempo ordinario: all’inizio dell’anno. Per ricordare a ciascun battezzato e alle nostre comunità ecclesiali che è la Parola di Dio la bussola che orienta i nostri passi e che ci insegna a vivere bene: personalmente e insieme. Senza la luce della Parola di Dio e senza il nutrimento del Vangelo, diventiamo tutti – inutile negarlo – travolti dallo stress, affannati per questioni periferiche, ammalati a causa del rancore che spesso e volentieri tracima nell’odio e nella voglia di vendetta. Papa Francesco ha ragione: il Vangelo non deve mancare dalle nostre case, ma non deve restare nel chiuso di un cassetto o inserito in uno scaffale e lì dimenticato. La Parola di Dio deve essere letta, meditata, approfondita, “pregata” e ruminata domenica dopo domenica, se vogliamo imparare a servire, ad amare, a donare, a perdonare e a vivere per gli altri. Lo constatiamo settimana dopo settimana: il Vangelo della Domenica ci cambia modo di vedere, di pensare, di organizzare il nostro tempo ed è soprattutto la “cura” che ci tiene lontani tanto dall’indifferenza quanto da quel vivacchiare che non ci fa volare in alto.

Confrontiamoci con il Vangelo di san Matteo che la chiesa ci propone per questa Domenica. L’evangelista non solo ci comunica che Gesù inizia il suo ministero pubblico “quando seppe che Giovanni era stato arrestato”, ma – con questa annotazione – ci dice che  anche Giovanni Battista è il primo (in assoluto!) che “segue” Gesù fino a dare la sua stessa vita per Lui. Prospettive rovesciate. Giovanni Battista, chiamato il “precursore”, in realtà è il primo che “segue” Gesù per fare di Lui il solo e unico “centro” in grado di dare senso alla via. Ma vediamo anche quali sono le prime parole con cui Gesù dà il via alla Sua missione. Nel rivolgersi a chi è disposto ad ascoltarlo, ad accoglierlo e a seguirlo Gesù dice: “Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino”. Una sintesi perfetta di tutto il messaggio di Gesù. Nella seconda parte della frase (“il Regno dei cieli è vicino”), Gesù ci comunica che Dio ha scelto di entrare nella storia, di starci vicino e di ascoltare tanto le nostre fatiche e lacrime quanto i nostri desideri e speranze. E se Dio decide e sceglie di farsi nostro compagno di viaggio nella persona di Gesù – ecco il senso della prima parola che Lui ci rivolge – la nostra vita deve cambiare.

Giovanni Battista rivolgeva la stessa parola a chi voleva essere battezzato – convertitevi (Mt. 3,2) – ma il suo era invito che lasciava al singolo lo sforzo del cambiare stile di vita (per scoprire poi che ognuno di noi non riesce a “convertirsi” senza il Suo aiuto).

Con Gesù il messaggio è più profondo. La parola è la stessa – convertitevi – ma proprio perché chi parla è Parola che attua ciò che dice, con la richiesta di “convertirci” Gesù ci consegna anche la forza di cambiare vita con il dono del Suo Spirito. Il “convertitevi” di Gesù va oltre, perciò, la sola esortazione: ha – al suo interno - la forza che ci permette di cambiare vita e di essere nuovi, diversi e migliori.

Convertitevi” è “richiesta” che ci insegna a parlare e che ci dona la forza di tacere quando la parola offende o ferisce e per parlare quando possiamo e dobbiamo “curare” chi sta male.

Convertitevi” è parola che ci rende in grado di non più correre senza sapere dove andare per scoprire la bellezza del fermarsi e dello stare con Lui, il solo che ci spiega chi sono e che cosa voglio.

Convertitevi” è la sola Parola che ci abilita a scegliere la gioia e la libertà del lasciarsi amare e perdonare da Dio anziché restare schiacciati dal peso e dalla fatica dell’odiare, del volersi vendicare o del lasciar crescere il rancore nel proprio cuore.

Convertitevi” è pungolo, balsamo e cura che ci ricorda che i campi di concentramento (tra pochi giorni è il Giorno della Memoria), le guerre di aggressione (in Ucraina come in molte altre parti del mondo), le mafie, le criminalità organizzate, lo sfruttamento dei migranti, etc. non sono realtà distanti da noi, ma possibilità del cuore umano quando questo si chiude su sé stesso e decide di usare il proprio “io” per sfruttare, piegare e dominare il “tu” del fratello. Se però ci accorgiamo che la bontà di Dio si è chinata su di noi (questo vuol dire “il Regno di Dio è vicino”), allora non possiamo più vivere lontani dall’insegnamento di Gesù e dalla Sua Parola. Dobbiamo convertirci nel senso del “mangiare” le sue parole e le sue proposte perché il suo farsi pane spezzato per noi nutra la nostra vita e ci renda – finalmente – buoni e dunque liberi, beati e immersi nella gioia.

Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni sono i primi quattro che si sono fidati di Lui. Oggi tocca a noi prolungare quell’elenco e mettere i nostri nomi tra coloro che lasciano le proprie “reti” per entrare nel mare grande della vita “bella” e beata.

 

Caro Gesù,                                        Preghiera dei piccoli

           anche mio nonno ha lasciato il suo paese natale ed è emigrato in un’altra città per lavorare e mantenere la sua famiglia.  Prima è andato in Germania, poi in Belgio e alla fine si è trasferito nel nord Italia.

Anche Tu, come lui, hai lasciato il Tuo paese per iniziare una nuova vita. E ti sei sistemato in una cittadina di mare: dove il lavoro principale è la pesca. Gesù secondo me Tu hai scelto una cittadina di mare perché volevi diventare pescatore di uomini per togliere tutti noi dalle acque della cattiveria e dell’egoismo. Gesù, posso chiederti di fare diventare anche me un “pescatore di uomini”? Ho sempre più voglia di stare con Te e di aiutarti a fare cose belle e buone.

 

 

II DOMENICA ANNO A

II DOMENICA ANNO A con preghiera dei piccoli

Dal Vangelo secondo Giovanni  1, 29 – 34

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

La scena la conosciamo: Giovanni Battista è alle prese con una notevole folla che gli chiede di essere battezzata nelle acque del fiume Giordano. All’orizzonte scorge un uomo che avanza verso di lui e che si sta mettendo in fila in mezzo ad altri uomini. È presenza discreta, anonima e del tutto uguale agli altri.

Giovanni Battista, però, lo nota. Lo vede e resta – con gli occhi e con il cuore – attaccato a “questo” uomo. Ed ecco il primo insegnamento che questo breve racconto del Vangelo ci vuole consegnare: Giovanni Battista è grande perché ha saputo scorgere, vedere e accogliere un uomo del tutto uguale a noi e perché si è lasciato provocare e interrogare da quella fragile, umile, ma anche autorevole presenza. Giovanni Battista non “ha visto” – però – un Dio facilmente riconoscibile da segni straordinari; non ha intravisto un potente (l’Imperatore?) ricoperto dai vistosi simboli che lo accompagnano. Ha colto nell’umanità di Gesù del tutto uguale alla nostra i segni di una presenza da accogliere perché capace di cambiare sguardo, modo di vivere e di salvare.

Verrebbe da dire, per il nostro tempo, chi ci insegna a scorgere negli uomini fragili e al fondo della fila che vediamo tutti i giorni (sulle strade, sul televisore e sui media) la presenza che ci salva perché ci chiede di cambiare cuore e sguardo? Chi ci ricorda che l’uomo debole posto ai margini del convivere sociale va notato, fissato e anche accolto, se vogliamo che i nostri occhi imparino a conoscere il volto di Dio?

Vedere e credere, ci dice Giovanni Battista, sono le due facce della stessa medaglia. E se in molti ci dicono che prima bisogna “vedere” e solo dopo “credere”, il Vangelo ci presenta lo schema opposto e ci ricorda che per “vedere” il cuore dell’altro è necessario prima “credere” in lui. Una regola che vale per i nostri figli, per quanti vogliamo e dobbiamo educare, ma che guida anche le logiche dell’amore. Solo chi si fida dell’altro e crede in lui riesce ad amarlo al punto da vedere dopo (solo dopo essersi fidato di lui!) l’amore ricambiato. Chi per amare ha bisogno di “vedere” e di prove d’amore resta nell’anaffettività di chi non sa amare e, proprio per questo, chiuso in sé stesso.

Giovanni Battista, ci dice l’evangelista, ha imparato a vedere con gli occhi del cuore. Ed è per questo che riesce a vedere chi avanza verso di lui. Ma qui l’evangelista compie un vero capolavoro: dopo averci presentato Giovanni Battista come colui che sa vedere con gli occhi del cuore, gli fa esclamare – per ben due volte! – “io non lo conoscevo”. Quasi che l’evangelista voglia smontare il superficiale entusiasmo di chi è convinto di “conoscere” in modo esaustivo Gesù di Nazaret e, forse, anche di “possederlo”. Chissà se nella comunità dell’evangelista ci sono discepoli così devoti e pii da sentirsi più “cristiani” degli altri. Chissà se l’evangelista pensa a qualcuno in modo speciale che non ha mai dubbi e che ha una così certa conoscenza del Signore Gesù da non doverlo più cercare e nemmeno ascoltare. Giovanni Battista – ci dice chi scrive – “non lo conosceva”. Per una semplice ragione: perché quell’ “uomo” – Gesù – nessuno lo può “prendere”, “catturare”, “possedere” o “conoscere” una volta per tutte.

E se fosse questa la seconda grande lezione per il nostro tempo? Causa il covid abbiamo imparato a fare a meno anche della messa domenicale. Il Vangelo un po’ lo conosciamo e dunque possiamo anche non tenerlo in casa. E grazie al catechismo fatto nell’infanzia, i dieci comandamenti i meno giovani li conoscono a memoria. “Può bastare – pensano in molti – per dirsi cristiani”. Per l’evangelista non è così. Per avvicinarci alla “conoscenza” di Gesù ci vogliono continuità, costanza e comunità, ci spiega questo denso e inesauribile passo del Vangelo. Come a dire che almeno una volta alla settimana dobbiamo “fermarci” ad ascoltare il Vangelo insieme per imparare a ri-conoscere in Gesù il pane spezzato che nutre la nostra voglia di cose grandi e che ci rende capaci di perdonare e di amare.

Il senso della Domenica è proprio questo: educarci a quella sosta settimanale (necessaria, saggia e indispensabile) perché il Vangelo si impasti con la nostra vita e perché il nostro cuore apprenda le due preghiere che ci rendono beati: La prima: “io non lo conoscevo” (e dunque Gesù aiutami a conoscerti e non permettere che mi senta arrivato o che mi illuda di conoscerti e di sapere tutto di Te!) La seconda: “Resta con noi Signore, perché solo Tu, Gesù risorto, sei capace di far ardere il nostro cuore quando ci spieghi le scritture (Lc. 24,32); solo Tu, Signore, ci dai la forza di cambiare strada e di riconoscere nel fratello al fondo della fila la Tua presenza che ci parla e che ci salva.

Da duemila anni la chiesa propone questa “cura” per contrastare il male di vivere.

Un programma saggio di libertà per capire che per “conoscere” se stessi dobbiamo “conoscere” Gesù.

 

Preghiera dei piccoli

Caro Gesù,

                  l’anno scorso con la mia classe siamo andati a visitare un allevamento di “piccioni viaggiatori”.

Il signore della cascina ci ha spiegato che piccioni e colombe sono viaggiatori perché sono fedeli al loro nido.

Una volta fatta la “casa” per i loro piccoli, non la cambiano più: imparano la strada e tornano sempre a quel nido.

Adesso ho capito, Gesù, perché su di Te lo Spirito è sceso “come una colomba dal cielo”: perché Tu, Gesù, sei come il nido per la colomba e chi trova Te trova anche il Tuo Spirito; e chi riceve il Tuo Spirito incontra Te.

Gesù, dona anche a me il Tuo Spirito e fa che il dono dello Spirito Santo diventi per me la forza che mi insegna a perdonare chi mi ha fatto dei dispetti e che mi doni la voglia di conoscerti sempre più. Proprio come ha fatto Giovanni.

BATTESIMO DEL SIGNORE ANNO A

BATTESIMO DEL SIGNORE ANNO A con preghiera dei piccoli

Dal Vangelo secondo Matteo 3, 13 – 17

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

 

Se Rino Gaetano fosse ancora con noi non canterebbe il Cielo è sempre più blu, ma il Cielo è sempre più chiuso. E non solo perché in questi giorni siamo stati tutti “protagonisti” e “spettatori” delle esequie del Papa emerito, ma anche perché accanto a questo lutto che ci sta facendo riscoprire la forza e la fragilità di questo raffinato Pastore, continuano ad avanzare segni negativi che calpestano la vita e la speranza:

  • i bombardamenti sull’Ucraina non si sono fermati nemmeno nel giorno di Natale e su quel pezzo di terra europea ormai distrutto, si continua a morire;
  • il Mare nostrum continua ad accogliere salme di disperati e nessuno li difende (ma perché la politica difende i confini del nostro Paese e non gli ultimi?);
  • carburanti, luce, gas e interessi sui mutui aumentano a vista d’occhio;
  • il Covid sembra rialzare la testa e si ha l’impressione di rivedere (a partire dalla Cina) lo stesso film che ha dato il via alla pandemia;
  • in Iran le ragazze vengono uccise se mostrano una ciocca di capelli;
  • in Afghanistan è proibito studiare, per le donne;
  • si continua a morire sul lavoro e sulle strade italiane (la prima causa di morte dei giovani italiani tra i 18 e 29 anni sono gli incidenti stradali).

Per non parlare dell’inflazione che erode la capacità di acquisto delle nostre famiglie o dei Pronto Soccorso che non hanno più la forza di accogliere tutti i malati. Un triste (e parziale) elenco di eventi che sembra convincerci del fatto che viviamo sotto un Cielo non solo chiuso, ma anche sbarrato a qualsiasi forma di speranza. Ed ecco perché il Vangelo di Matteo ci dice che. “Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire su di lui” (Mt. 3,16). Perché abbiamo bisogno come il pane che la Parola di Dio ci ricordi che il Cielo sopra di noi non è chiuso e non è sbarrato. Dio non è sordo alle nostre fatiche e disperazioni. E se “scende” sulla nostra povera Terra come Spirito è per ricordarci che il Suo Figlio Gesù è “con noi”, accanto “a noi” e “in mezzo a noi” perché ognuno di noi riesca a ri-alzare la testa e “a sperare contro ogni speranza” (Romani.4,18), come dice san Paolo a proposito di Abramo. Ma c’è un ulteriore elemento sul quale credo importante portare la nostra riflessione e preghiera. La voce che dal Cielo accompagna il battesimo di Gesù conferma che “questi è il Figlio mio, l’amato, in lui ho posto il mio compiacimento” (Mt. 3,17). Come a dire: lui, questo Gesù che è appena uscito dall’acqua è il volto di Dio che vi deve guidare; solo Lui dovete seguire, se vorrete essere beati. E perché il suo lettore non dimentichi questo momento fondamentale della vita di Gesù e del suo discepolo, san Matteo ripropone quasi la stessa espressione nel momento della trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor, ma aggiunge un forte invito ad ascoltare la Sua parola, il suo insegnamento e quanto Lui ha da dire sulla nostra vita: “Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo.

Dopo tredici capitoli l’evangelista ripropone lo stesso messaggio e ripresenta le stesse parole che provengono dal Cielo. Ma questa volta, sul Tabor, la voce indica anche il verbo che rende liberi: “ascoltare”. Inteso non solo come “udire” o come movimento degli occhi per la lettura del Vangelo di Gesù. L’ascoltare di cui parla l’evangelista indica la disponibilità del discepolo a “seguire” e a interiorizzare “questa” presenza fino a farla diventare carne nella sua vita.

Gesù, ci dice il Suo Spirito che apre il Cielo sopra di noi, deve educare il nostro modo di pensare, di agire, di “fare”, di essere, di perdonare e persino di guardare tanto la Terra sulla quale siamo quanto il Cielo nel quale saremo. Dobbiamo impastare – se vogliamo essere liberi – cuore, mente, azioni, passi e persino il respiro con la mentalità di Gesù. Solo così ognuno di noi ritrova le radici della speranza e non si lascia piegare da nessuna prova, fatica, difficoltà o negatività.

Ci resti, in questa seconda domenica del 2023, la granitica certezza che il Cielo sopra di noi è aperto, spalancato o – come direbbe san Marco – “squarciato” in modo così definitivo da non potersi mai più richiudere.

Un gran bel segnale di speranza e una forte, solida e bella ragione per poterci dire, ancora una volta, buon anno.

 

Caro Gesù,

                   mia cugina ha chiesto al Parroco, per sposarsi, il certificato di Battesimo.

Ho detto ai miei genitori che lo voglio anch’io. Quando mi hanno battezzato ero piccolo. Non potevo decidere. Altri hanno deciso per me.

Adesso però Ti conosco. Sto imparando a capire che sei un amico davvero speciale. E più ascolto il Tuo Vangelo, più mi viene voglia di restare “immerso” nel modo con cui parli, pensi e ami.

Ti faccio una promessa, Gesù: nel giorno del mio battesimo voglio fare, ogni anno, un po’ di festa: con Te, con la mia famiglia, con i miei amici e con madrina e padrino.

 

P.S. I cieli che si “aprono” nel momento del tuo battesimo per fare passare l’amore di Dio verso di noi, è un’immagine bellissima. Grazie, Gesù: sei Tu il vero ponte tra il Cielo e la Terra. E grazie anche per Papa Benedetto XVI.

Ringraziamento fine anno di don Tonino Bello

Ringraziamento fine anno  di don Tonino Bello

 

Eccoci, Signore, davanti a te.
Col fiato grosso, dopo aver tanto camminato.

Ma se ci sentiamo sfiniti,
non è perché abbiamo percorso un lungo tragitto,
o abbiamo coperto chi sa quali interminabili rettilinei.

È perché, purtroppo, molti passi,
li abbiamo consumati sulle viottole nostre, e non sulle tue:
seguendo i tracciati involuti della nostra caparbietà faccendiera,
e non le indicazioni della tua Parola;
confidando sulla riuscita delle nostre estenuanti manovre,
e non sui moduli semplici dell'abbandono fiducioso in te.

Forse mai, come in questo crepuscolo dell'anno,
sentiamo nostre le parole di Pietro:
"Abbiamo faticato tutta la notte,
e non abbiamo preso nulla".

Ad ogni modo, vogliamo ringraziarti ugualmente.
Perché, facendoci contemplare la povertà del raccolto,
ci aiuti a capire che senza di te,
non possiamo far nulla. Ci agitiamo soltanto.

Ma ci sono altri motivi, Signore, che, al termine dell'anno,
esigono il nostro rendimento di grazie.

Ti ringraziamo, Signore,
perché ci conservi nel tuo amore.
Perché continui ad avere fiducia in noi.

Grazie, perché non solo ci sopporti,
ma ci dai ad intendere che non sai fare a meno di noi.

Grazie, Signore, perché non finisci di scommettere su di noi.
Perché non ci avvilisci per le nostre inettitudini.

Anzi, ci metti nell'anima un cosi vivo desiderio di ricupero,
che già vediamo il nuovo anno
come spazio della speranza e tempo propizio
per sanare i nostri dissesti.

Spogliaci, Signore, di ogni ombra di arroganza.
Rivestici dei panni della misericordia e della dolcezza.
Donaci un futuro gravido di grazia e di luce
e di incontenibile amore per la vita.

Aiutaci a spendere per te
tutto quello che abbiamo e che siamo.
E la Vergine tua Madre ci intenerisca il cuore.
Fino alle lacrime.

SANTO NATALE 2022

SANTO NATALE  2022 con preghiera dei piccoli

 

Dal Vangelo secondo Luca 2, 15-20

Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

 

Abbiamo tutti l’impressione che le luci del Natale 2022 non abbiamo la forza di rischiarare le tenebre da cui proveniamo. E non soltanto perché la crisi energetica incide pesantemente sulle nostre economie domestiche, ma anche perché il male sembra davvero eccessivo. Dopo la pandemia che ha spento moltissime luci di speranza di affetti cari, siamo stati colpiti dalla siccità e dai cambiamenti climatici che ci hanno ricordato che abbiamo oltrepassato linee dalle quali è molto difficile tornare indietro. L’aggressione poi dell’Ucraina da parte della Russia di Putin ci ha portato la guerra in Europa. Nei nostri mari e sulle nostre montagne – da non dimenticare – si continua a morire di freddo o annegati per scappare da fame, da guerre e da campi di concentramento disumani. E – dulcis in fundo – l’emergere di una corruzione a livello gigantesco all’interno delle istituzioni europee ci ha – definitivamente per così dire – tagliate le gambe (“È una vicenda troppo grossa per parlarne” – mi ha detto Carla, 69 anni e nonna – siamo spiazzati. Disorientati”).

Qualcuno ha ipotizzato che si tratta di castighi divini “mandati” dal Cielo per scuoterci dai nostri peccati e dalla nostra incredulità. E a questo proposito voglio ribadire, con forza, che non appartiene allo stile di Dio “mandare” sulla terra calamità, guerre, corruzioni e violenze varie. Se queste tristi realtà ci vivono accanto è perché il cuore umano le ha fatte entrare nella nostra storia. Ma non possiamo e non dobbiamo dimenticare che la sola realtà che il buon Dio “ha mandato” sulla Tera è il Suo Figlio.

In principio era il Verbo”. Ed il significato è tanto bello quanto solenne. Per dirci che prima ancora della creazione, nel cuore di Dio abitava il Verbo: il Suo Progetto di creare per amore l’uomo per immergerlo in quel giardino che era la Terra e per farlo diventare come Lui. Siamo stati pensati, amati e voluti da Dio prima ancora che il mondo fosse creato, ci dicono queste cinque parole. E quando Dio ha visto che l’uomo si è allontanato dalla strada dell’amore tracciata per lui, non ha scelto di “chiudere” con il Suo Progetto d’amore. Dio non si è pentito di aver fatto l’umo e non lo ha abbandonato al suo destino. Ha “mandato” sulla Terra il Suo Figlio Gesù – il Suo Progetto d’amore per noi – perché ognuno di noi possa trovare le luci sufficienti per diradare le nebbie della fatica di vivere.

Il Mistero del Natale è esattamente questo: Dio ci dona (e ci “manda”) la Sua Parola per contrastare e per fermare le tante parole inutili e nocive che ci mangiano la speranza. E mai come quest’anno abbiamo bisogno di parole vere, solide e soprattutto in grado di aiutarci a ritrovare i sentieri della libertà, dell’onestà, della pace e della fraternità.

Dobbiamo reimparare ad accogliere quella Parola che si chiama Gesù e che è la sola che ci sa guidare sulla strada della felicità (che il Vangelo chiama beatitudine).

Senza la Parola-Gesù siamo tutti stanchi, depressi e storditi da mille suoni che – di fatto – non hanno la forza di diventare voce, presenza, consolazione e “parole di libertà”

In principio era il Verbo” sono cinque parole che devono impastarsi con la nostra vita fino a diventare respiro, preghiera, prassi e movimento tanto del cuore quanto delle mani. Accogliere quella Parola significa prendere coscienza che “a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”. Significa che accogliere il Suo amore rende la nostra umanità come quella di Gesù: liberata dal peccato e disponibile a dare, a donare, a perdonare, ad amare e a servire. Come ha fatto Gesù. Ed eccoci agli auguri:

  • Il Signore Gesù accolto da ciascuno di noi ci renda capaci di opporre, alle parole negative che ci circondano, la bellezza della Sua presenza e della Sua bontà.
  • La Sua Parola renda le nostre case luoghi di fraternità e di perdono dove il noi vince l’io e ogni forma di egoismo.
  • Natale 2022 ci liberi dalla solitudine che diventa isolamento per un vivere troppo barricato su sé stessi. E a chi si sente solo, isolato e dimenticato chiedo, propongo e auguro di rovesciare le parti e iniziare a cercare chi è più solo di lui.
  • Le nostre comunità cristiane diventino spazi di profezia e progetti capaci di guardare avanti senza nostalgie e senza rimpianti. La società cristiana di ieri non c’è più. Ma non è assolutamente detto che la società di oggi sia meno bella o meno meritevole di impegno.
  • E a chi si sente sopraffatto dalle ombre del tempo presente, auguro di “ruminare” – giorno dopo giorno – quella Parola che non scioglie come una bacchetta magica i nodi del vivere, ma che impasta la nostra vita con la mentalità e la persona di Gesù che è il solo pane quotidiano che sazia la nostra voglia di infinito.

Un cordiale, intenso e vero augurio di Buon Natale. Immerso e impiantato nella fiducia che il Signore Gesù ci dona la possibilità di diventare Figli di Dio.

 

 Preghiera dei piccoli

Caro Gesù,

il don a catechismo ci ha detto che la preghiera chi si trova all’inizio del Vangelo di San Giovanni si chiama Prologo. E poi ha aggiunto: tante parole belle e difficili per dire a tutto il mondo che Tu sei Parola.

Subito non ho capito.

Poi mi sono detto che se Tu sei Parola io non sono mai solo perché Tu, Gesù-Parola, mi parli, mi ascolti, mi tieni sempre compagnia e mi insegni a “parlare” senza dire le bugie e senza mai offendere l’altro.

Grazie Gesù.

Sono giorni brutti questi che stiamo vivendo. Tantissimi bambini vivono in mezzo alle guerre e ai bombardamenti. I grandi per la politica litigano sempre. Per le strade nessuno sorride. E tutti parlano solo di corruzione.

Abbiamo bisogno di Te, Gesù, e del Tuo essere Parola vera. Parola di gioia e Parola di Pace.

Abbiamo bisogno del Tuo Natale, Gesù.

IV DOMENICA DI AVVENTO anno A

IV DOMENICA DI AVVENTO anno A

Dal Vangelo secondo Matteo 1, 18 - 24

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

Non tutto ciò che si sogna è bene che si realizzi. Così come non ha senso realizzare un sogno a qualsiasi prezzo. Si pensi al “sogno” dei mondiali in Qatar, in quel piccolo stato monarchico della penisola araba che è costato, a livello economico, 220 miliardi di dollari mentre, in termini di vite umane, si parla di più di 10.000 morti per la realizzazione degli stadi. Tutti manovali e operati provenienti dal Nepal, dall’Afghanistan e messi a lavorare senza sicurezze sociali per un pezzo di pane, come documenta Matteo Pinci su La Repubblica del mese scorso: “A volte dovevamo lavorare per dodici ore...  E se eravamo malati, dovevamo andare lo stesso a lavorare. Ribellarsi? Pessima idea: in Qatar l'associazione sindacale è ancora vietata: "E poi i datori di lavoro non amano avere gente che protesta. Se avessimo protestato saremmo stati licenziati o la polizia ci avrebbe potuti arrestare”.

È ovvio che questi particolari non fanno onore al Sogno e nemmeno al Paese e perché il mondo intero senta parlare del Qatar come “di un Paese all’avanguardia nei diritti dei lavoratori” (quanto ha dichiarato la Vice Presidente Kaily in Parlamento Europeo), niente di meglio che corrompere altolocati politici dell’Unione Europea perché dichiarino il falso in cambio di generose ricompense. Il resto è cronaca. Valigie piene di soldi (1 milione e mezzo di euro in banconote) sequestrate dai magistrati in casa di parlamentari ora indagati e sospesi. Come a dire: alcuni sogni si trasformano in incubi. Soprattutto se si passa da vite lussuose alle fredde celle del carcere.

Il Sogno di Giuseppe è di tutt’altra natura. Intanto non nasce dall’ambizione. Ciò che l’angelo del Signore affida al giovane Giuseppe è un compito di cura perché si faccia carico di Maria che è diventata mamma del Figlio di Dio. Da adesso in poi mamma e Figlio sono affidati alle sue cure. Giuseppe deve perciò accogliere, proteggere e occuparsi del Figlio di Dio come se fosse suo Figlio (“ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù”) e – allo stesso tempo – accompagnare e affiancare Maria in questo straordinario compito di nuova a inimmaginabile genitorialità.

Senza la “spinta” dell’angelo, Giuseppe non era pronto a questa missione. Era persino offeso con Maria, ma per non condannarla a morte con una denuncia che l’avrebbe portata alla lapidazione, aveva deciso di “ripudiarla in segreto”.

Da adesso in poi tocca al lettore e a ciascuno di noi fare tesoro della grandezza di Giuseppe. A partire dal suo concetto di giustizia che è così alto da spingerlo a rinunciare ad un suo diritto pur di salvare la vita alla ragazza amata. E poi con il suo coraggioso stile intriso di silenzio. Sta per prendersi cura della Parola che si fa carne-bambino-figlio e come prima risposta: aderisce alla richiesta, si rende disponibile e tace.

Ma torniamo al sogno. San Matteo sembra che ci voglia comunicare che perché il sogno sia umano, liberante e fonte di serenità deve essere aperto al servizio e sorretto dalla giustizia e dalla capacità di fare silenzio, di tacere. Tutto ciò che esce da questi orizzonti, rischia di trasformarsi, prima o poi, in un incubo.

Penso ai nostri giovani. E mi domando chi ha ancora la forza di dire loro che il senso della vita è dato dal prendersi cura di chi il Signore ci mette accanto e non dall’inseguire successo, celebrità, vittorie e valigie piene di denaro frutto di corruzione?

Il senso del Natale è anche questo: lasciare che l’angelo del Signore ci affidi il Bambino Gesù perché ognuno di noi si prenda cura di Lui e di Sua mamma presenti in tutti i piccoli che, accanto alle loro mamme, ci chiedono aiuto, protezione, abbracci, giustizia e … meno parole e più accoglienza.

Bella la conclusione del passo: “Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa”. Quel “prese” può essere tradotto anche con “accogliere”. Per dire che ogni “sogno” è vero solo se si misura con l’accoglienza del più debole.

Buona novena di Natale.      

 

Preghiera dei piccoli

Caro Gesù,

secondo me esistono due tipi di sogni.

Uno riguarda se stessi: si sogna di diventare un campione o di fare successo nel mondo del cinema, della canzone, etc.

L’altro modo coinvolge gli altri. E allora si sogna di andare in Africa per aiutare chi muore di fame oppure si sogna di inventare la medicina che fa guarire i bambini ammalati (come Mirko, il mio compagno, che sta facendo scuola dove lo hanno ricoverato).  Gesù insegnami a sognare bene e per gli altri.

Ogni volta che sogno – nel sonno o ad occhi aperti – aiutami a fissare san Giuseppe che nel suo sogno impara a prendersi cura di Te bambino e di Tua mamma.  E grazie Gesù perché oggi mi hai insegnato a sognare e a pensare cose grandi. Non per me, ma per aiutare chi ha bisogno anche del mio servizio. 

       Aiutaci a fermare le guerre, Gesù.

papa Francesco, Angelus del 18-12-2022

«Fratelli, sorelle, che cosa dice Giuseppe oggi a noi? Noi pure abbiamo i nostri sogni, e forse a Natale ci pensiamo di più, ne parliamo insieme. Magari rimpiangiamo alcuni sogni infranti e vediamo che le migliori attese devono spesso confrontarsi con situazioni inattese, sconcertanti. E quando questo accade, Giuseppe ci indica la via: non bisogna cedere a sentimenti negativi, come la rabbia e la chiusura, questa è la via sbagliata! Occorre invece accogliere le sorprese, le sorprese della vita, anche le crisi, con un’attenzione: che quando si è in crisi non bisogna scegliere di fretta secondo l’istinto, ma lasciarsi passare al setaccio, come ha fatto Giuseppe, “considerare tutte le cose” (cf. v. 20) e fondarsi sul criterio di fondo: la misericordia di Dio. Quando si abita la crisi senza cedere alla chiusura, alla rabbia e alla paura, ma tenendo aperta la porta a Dio, Lui può intervenire. Lui è esperto nel trasformare le crisi in sogni: sì, Dio apre le crisi a prospettive nuove, che noi prima non immaginavamo, magari non come noi ci aspettiamo, ma come Lui sa. E questi sono, fratelli e sorelle, gli orizzonti di Dio: sorprendenti, ma infinitamente più ampi e belli dei nostri!»

papa Francesco, Angelus del 18 dicembre 2022

III DOMENICA DI AVVENTO ANNO A 

III DOMENICA DI AVVENTO ANNO A  con preghiera dei piccoli

Dal Vangelo secondo Matteo 11, 2 – 11

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».

 

Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”. Non è soltanto una domanda. È anche un grido di dolore, uno sfogo e un rimprovero. Giovanni Battista è in carcere. Ed è stato portato in prigione non perché ha commesso dei reati o dei crimini, ma perché non ha fatto sconti ad Erode sul suo adulterio (e lui, il potente, non ha gradito la sua franchezza). Ancora oggi le prigioni rendono deboli e disperati (nei primi undici mesi del 2022 in Italia si sono suicidati 76 persone nelle carceri italiane). Figuriamoci ai tempi di Gesù. Giovanni Battista è privato della libertà, della luce, della dignità e da quell’inferno in cui è stato collocato sente parlare di Gesù che alcuni associano al Messia tanto atteso.

La domanda è obbligata: ma se Lui – mio cugino che non ho mai visto – è il Messia, perché non libera i prigionieri (!), perché non stermina i nemici del popolo di Israele (i romani) e perché non vendica il male che abbiamo subito? Il cuore umano è fatto così: ha sete di infinito, cerca Dio giorno e notte, ma poi piega queste sue aspettative ai suoi bisogni ultimi. È stato così per Giovanni Batista, ma è così anche per noi. Lui sta male, è in carcere e chiede al “suo” messia di portarlo fuori da una condizione disumana. Noi non siamo molto diversi da lui: quando siamo fragili e segnati dalla debolezza ci rivolgiamo al Dio dei nostri desideri a partire dai nostri bisogni (“Fa guarire mio figlio, aiutami a trovare lavoro convinci mia moglie o mio marito a tornare con me…”). E se le nostre richieste non vengono esaudite siamo tentati di cercar un altro “messia”, un altro “Dio”.

Il grido e il rimprovero di Giovanni Battista va in questa direzione: “Se sei il Messia portami fuori da questo carcere. Altrimenti aspetterò un altro Messia”.

Gesù – esperto di umanità – conosce molto bene questi meccanismi del cuore. E sa che nella debolezza ognuno di noi è più esposto al rischio della preghiera interessata e forse anche al ricatto rivolto a Dio. Gesù non condanna la domanda/rimprovero di Giovanni Battista. La prende sul serio. La ascolta. E manda dei suoi discepoli a riferirgli che quella fragilità Lui la prende sul serio. Al punto da aiutare chi sta male a trovare – con l’aiuto della Parola di Dio – un senso al suo soffrire. Gesù non è una bacchetta magica che soddisfa le nostre richieste all’istante. Gesù si muove diversamente: si rende vicino a chi sta male e con l’offerta della Parola di Dio lo aiuta a capire che anche in quella condizione negativa Dio è presente per portare sollievo e aiuto.

E beato è colui che non torva in me motivo di scandalo”, aggiunge Gesù. Per dire che un “dio” che stermina i nemici, che vendica chi ha ricevuto il torto o che toglie malattie e dolori a sua discrezione, non è un “dio” dal volto umano. Anche Gesù è stato arrestato, condannato e ingiustamente ucciso (Giovanni Battista è stato, senza nemmeno immaginarlo, precursore di Gesù anche nella sua condizione finale!). Il Dio di Gesù non è pero intervenuto per cambiare il senso della storia o per renderlo vittorioso sui nemici. Ha permesso al male di avanzare sul corpo del suo Figlio Gesù e ha chiesto a chi era “scandalizzato” dall’impotenza di Gesù di cogliere nella Sua debolezza la forza e la bellezza di un Dio che ha scelto di abitare nella debolezza.

Giovanni Battista è grande, ci dice san Matteo, perché ha saputo uscire dalla sua vecchia concezione di Dio ed è riuscito a guardare avanti: oltre le sue attese e i suoi schemi mentali. Giovanni Battista è grande perché ha capito che Dio non lo ha mai abbandonato (nemmeno in carcere) e perché con l’aiuto della Parola di Dio ha scoperto che Gesù era con lui: pronto a spiegargli il senso del suo vivere, delle sue scelte e persino del suo soffrire.

Natale significa prendere coscienza – con l’aiuto del Vangelo – che il Dio di Gesù è con noi. Vicino a noi. Accanto alla nostra forza, ma anche alle nostre fragilità. E quando ci accorgiamo che Lui è il Dio-con-noi, la vita si incammina sul sentiero della libertà e del servizio verso i ciechi, i poveri, gli zoppi, i sordi e tutti coloro che cercano aiuto.

E noi: quale domanda poniamo a Gesù? Quale rimprovero gli rivolgiamo? E dopo lo sfogo e la protesta perché abbiamo l’impressione che non ci consideri: siamo disposti ad ascoltare la Sua risposta e l’invito ad ascoltare la Sua Parola? Siamo consapevoli che il Do di Gesù si farà trovare nella debolezza di un bambino che ci chiede di prenderci cura di lui?

Natale sarà esattamente come lo abbiamo preparato. Buone domande a tutti.                             

 

                                                         Preghiera dei piccoli    

Caro Gesù,                         

            anche mio papà è in carcere. Giovanni Battista, però, non aveva figli. Il mio papà invece ne ha due. E con il suo arresto siamo stati puniti anche noi perché non possiamo crescere con papà vicino.

Forse a Natale verrà qualche giorno a casa con noi. In permesso. E io di questo sono molto contento anche perché non mi ricordo più cosa voglia dire avere papà in casa.

Grazie Gesù per l’immagine della “canna sbattuta dal vento”. Mi ha ricordato una favola letta in classe e scritta per insegnarci che nella vita dobbiamo certamente “chinarci” per aiutare i “poveri”, senza mai – però – “piegarci” per fare accordi disonesti. La maestra dice che dobbiamo tenere la schiena diritta.

Bello anche sapere che il Vangelo è annunciato ai poveri. Vuole dire che vieni per aiutare anche quelli poveri come noi.

Grazie Gesù perché ci sei vicino anche in questa brutta situazione.

Papa Francesco, Angelus del 4 dicembre

«Cari fratelli e sorelle, Giovanni, con le sue “reazioni allergiche”, ci fa riflettere. Non siamo anche noi a volte un po’ come quei farisei? Magari guardiamo gli altri dall’alto in basso, pensando di essere migliori di loro, di tenere in mano la nostra vita, di non aver bisogno ogni giorno di Dio, della Chiesa, dei fratelli. Dimentichiamo che soltanto in un caso è lecito guardare un altro dall’alto in basso: quando è necessario aiutarlo a sollevarsi; l’unico caso, gli altri non sono leciti. L’Avvento è un tempo di grazia per toglierci le nostre maschere – ognuno di noi ne ha – e metterci in coda con gli umili; per liberarci dalla presunzione di crederci autosufficienti, per andare a confessare i nostri peccati, quelli nascosti, e accogliere il perdono di Dio, per chiedere scusa a chi abbiamo offeso. Così comincia una vita nuova. E la via è una sola, quella dell’umiltà: purificarci dal senso di superiorità, dal formalismo e dall’ipocrisia, per vedere negli altri dei fratelli e delle sorelle, dei peccatori come noi, e in Gesù vedere il Salvatore che viene per noi – non per gli altri, per noi – così come siamo, con le nostre povertà, miserie e difetti, soprattutto con il nostro bisogno di essere rialzati, perdonati e salvati».

               papa Francesco, Angelus del 4 dicembre 2022