I DOMENICA DI AVVENTO ANNO A con preghiera dei piccoli
Dal Vangelo secondo Matteo 24, 37-44
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Un dato è certo: se la Chiesa italiana mettesse in atto le strategie proposte da alcuni partiti per porre un rimedio al calo di partecipazione alla vita sacramentale di cui siamo tutti testimoni, le nostre comunità cristiane si svuoterebbe nel giro di pochi mesi. Anche perché fede e sacramenti – per volontà del Signore Gesù e del suo Vangelo – non si acquistano. Illudersi che la partecipazione alla vita cristiana possa aumentare grazie ad incentivi economici, significa non sapere che il movimento della fede è – per sua natura – sganciato da incentivi monetari, da mance e da retribuzioni di qualsiasi tipo. Sposarsi in chiesa significa, per due battezzati che vogliono camminare insieme per il resto della vita, riconoscere che la loro sfida è possibile solo se restano immersi nella comunità di cui fanno parte e dalla quale ricevono il nutrimento del Vangelo e del pane eucaristico. Senza comunità cristiana, anche il matrimonio cristiano, con o senza 20.000 euro, è esposto al rischio di ritrovarsi in quella “solitudine a due” che ingenuamente quasi tutti pensano di curare con la separazione e la costruzione di una nuova vita di coppia.
Nella Prima Domenica di Avvento Matteo è molto chiaro: mangiare, bere, prendere moglie e prendere marito sono azioni che appartengono al vivere. Ciò che conta è non lasciare che il tran tran della vita – dice l’evangelista – ci travolga al punto da “non accorgersi di nulla”. Se questo accade, ci si ritrova chiusi in sé stessi e “sordi” alle fatiche di chi ci vive accanto. Si mangia, si beve, ci si sposa e si lavora (anche tanto), ma non si capisce il senso della vita e si è perennemente insoddisfatti. L’evangelista è molto chiaro: l’indifferenza verso gli altri (la “mia” casa, i “miei” figli, i “miei” soldi, il “mio” mutuo, le “mie” ferie, la “mia” carriera, la “mia” pensione, etc.) è – di fatto – il terreno sassoso sul quale non riesce attecchire la buona notizia del Vangelo. Anche perché “non accorgersi del fratello che ci vive accanto”, è sinonimo di non percepire la presenza del Signore Gesù che – vicino a noi – continua a cercarci, tanto nel campo come alla mola.
Come direbbe Pier Giorgio Frassati, non si fa il male. Ma non si fa nemmeno il bene. E in questo “vivacchiare” senza grosse colpe e senza attenzioni al prossimo, ci si ritrova stanchi dentro. Spenti. Delusi dalla vita anche se ci illudiamo di raggiungere un futuro che ci sembra a portata di mano e che – come nei peggiori sogni – non riusciamo mai ad agganciare e a fare nostro.
L’Avvento ci ricorda però che non stiamo correndo verso un futuro ignoto e inarrivabile, ma che siamo in cammino verso il Dio di Gesù che ci viene incontro (“Avvento” vuole dire che “viene verso di noi”) per renderci – finalmente – liberi, beati e capaci di dare un senso al nostro bere, mangiare, sposarsi e lavorare. Siamo tutti nel campo della vita. Tocca a noi accorgersi che Lui ci è accanto, ci parla e ci spinge a vivere per gli altri, per scoprire che è solo nel dare e nel servire che si realizza la nostra vita.
E quante riflessioni ci propone questo benedetto Avvento. Non ci eravamo accorti che eravamo fragili e che una pandemia ci avrebbe messo in ginocchio perché non preparati. Non ci siamo accorti che il Pianeta si è ammalato e che tra siccità e alluvioni siamo ad un passo dalla malattia irreparabile dell’unica Terra che abbiamo. Ma non ci siamo accorti nemmeno che la Pace, data per scontata, non è un bene assoluto, acquisito una vola per tutte. E ora che la guerra è vicino a noi siamo spaventati e disorientati. Così come non ci siamo accorti che l’Italia è diventato un Paese di anziani con una denatalità che pregiudica pesantemente la qualità dello sviluppo dei prossimi decenni.
L’Avvento è un dono perché si capisca che non si vive per mangiare, bere, prendere moglie e prendere marito, ma l’esatto opposto: siamo chiamati a mangiare, a bere e a prendere moglie e marito per vivere. E se ci accorgiamo che Lui ci chiama e ci chiede di aprirci al fratello, il nostro vivere diventa pieno, bello, intenso e ricco di grazia. Buona Avvento. A tutti e a ciascuno.
Preghiera dei piccoli
Caro Gesù,
ho fatto il compito che ci ha dato il don (“Chiedete a parenti e amici che cosa stanno aspettando di importante)” ed ecco il risultato: mio nonno “aspetta” la pensione; mia zia “aspetta” un bambino; mio papà la Pace e mia mamma “aspetta” che la chiamino per un lavoro.
Hai ragione Tu, Gesù: non si può vivere senza aspettare qualcosa o qualcuno.
Gesù insegnami ad aspettare non solo cose per me (giocattoli, vacanze o feste) ma dammi un cuore grande capace di chiedere il bene soprattutto per gli altri.
E visto che la mia maestra dice che io mi distraggo troppo, ti prego Gesù: fa che mi “accorga” della Tua presenza nella mia vita di ogni giorno: a scuola, in oratorio, in strada e anche in casa.
Grazie Gesù perché Natale sarà come lo abbiamo atteso e come lo abbiamo preparato. E grazie per il dono dell’Avvento.