
DOMENICA DI PASQUA (Gv. 20,1-9)
“Non avevano ancora compreso la Scrittura che cioè egli doveva risorgere dai morti”.
L’inizio del racconto è interessante: tutti gli uomini (inteso come i “maschi” coraggiosi che litigavano per il potere da “spartire”), sono “scappati”. Siamo all’inizio del giorno (“quando era ancora buio”) ed è una donna la sola che si reca al sepolcro di Gesù per onorare la sua salma. Tutto ciò che vede è “che la pietra era stata tolta dal sepolcro”. E all’interno della tomba vuota, sperimenta una grandissima paura. E proprio per questo scappa, corre e va a cercare Simon Pietro e l’altro discepolo (“quello che Gesù amava”).
La domanda è obbligata: perché la resurrezione di Gesù non ha la forza di spazzare via – una volta per tutte – i segni di morte che ci avvelenano la vita? Buio, sepolcro, paura, solitudine, assenza… , sono realtà ancora presenti “in mezzo a noi” e facilissimi da vedere e da incontrare. A differenza di Gesù risorto che, come ci dice san Giovanni, è anche Lui vicino e “in mezzo a noi”, ma non ci è dato di “vederlo” in modo immediato e diretto.
Il perché san Giovanni costruisca così questo racconto è chiaro: per impedire che il lettore del Vangelo cerchi Gesù Risorto come un’“idea” di felicità e non capisca che Gesù è il solo Maestro che va cercato e seguito per ascoltare la Sua Parola, il suo insegnamento (e esempio) e per entrare con Lui nel terreno del servizio, del dono, del perdono e dell’amore fino alla fine. Questo è il grande rischio che corre chi usa il vangelo come un ricettario della felicità: sognare una bacchetta magica che spazzi via dolore, lacrime, sofferenza e morte per immergerci in un mondo (finto) dove lo stare bene è “immaginato” sempre in termini individuali (al massimo con i pochi intimi) e rappresentato da vacanze eterne.
Il Vangelo non è questo. È Parola che cambia il nostro modo di vivere e che ci rende visibile la speranza anche nei momenti più bui della nostra storia (personale e collettiva). Il Vangelo è Parola che convive con i segni di morte (buio, lacrime, paura e morte) che affiancano la nostra vita per dirci che grazie al mattino di Pasqua, queste sono diventate parole penultime per lasciare spazio alle vere e definitive parole dell’esistenza: bontà, gioia, perdono, comunione e vita che non ha più fine.
Ma non è di queste parole che abbiamo bisogno nel mezzo della pandemia che ci ha tagliato la strada? I segni di morte che ci circondano li conosciamo: nel solo mese di marzo 2021 sono stati quasi 12.000 i morti nel nostro Paese (3 milioni i morti nel mondo dall’inizio della pandemia!). Ma dietro ad ogni morte c’è una famiglia che piange, una comunità in lutto, un amore spezzato, figli e nipoti che restano orfani. Per non parlare di chi lavora per “fermare” il male, ma non vede arrivare la fine ed è sfinito; di chi sta perdendo il lavoro, di chi – chiuso in casa – non regge più perché più fragile di altri, etc.
San Giovanni ci offre un prezioso aiuto per insegnarci a reagire al male e per educarci a scorgere i segni di Pasqua in mezzo a noi:
- Il primo – forse il più bello – è quello di non stancarsi di cercare la vita sapendo, però, che non siamo noi a trovare Gesù, ma che siamo e che saremo, sempre, trovati da Lui. A noi è chiesto di cercare vita, bontà, giustizie e speranza. A Lui il compito di trovarci e di guidarci sulla strada della gioia.
- Cercare, camminare e correre…, “insieme”. Mai da soli. Maria di Magda, Simon Pietro, l’altro discepolo, sono il segno eloquente di una comunità chiamata a sostenersi all’interno di quella corresponsabilità senza la quale non si cresce e non si vive.
- Fare della vista una funzione che intreccia insieme occhi, cuore e ragione. Solo con gli occhi si rischia di restare sopraffatti dal buio; solo con il cuore si diventa ingenui e ci si espone all’avanzare del male che può travolgerci; solo con la ragione non si intravedono i segni lasciati dalla Scrittura che “illuminano” la nostra vita e la cambiano in meglio.
- Imparare a leggere, a pregare e a “stare” con il Vangelo. Domanda: ma il lock down forzato, ci ha aiutato a fare qualche sana lettura spirituale?
- Occuparsi degli altri. Dedicare un po’ del nostro tempo a chi è più debole (e Maria di Magdala si è recata al sepolcro per prestare le sue dare cure a chi era ormai immerso nel massimo della debolezza). È l’affascinante legge dell’amore di Dio: siamo trovati da Lui non appena ci portiamo alla ricerca di chi è al fondo della fila, di chi sta peggio di noi, di chi è senza cibo, coperte, casa, lavoro e salute
Ultimo particolare: nel giorno di Pasqua la chiesa – facendo suo l’insegnamento di san Giovanni – non ci offre l’incontro con Gesù risorto. Per ricordarci che non saremo noi a trovare il Risorto, ma che se ci portiamo alla ricerca di chi è più debole e se ci lasciamo trovare da Lui, per noi Pasqua non sarà solo una festa di primavera (senza mancare di rispetto alla bellezza di una natura che libera la voglia di vivere!), ma la “buona notizia” che ci cambia la vita, che ci fa sentire amati da Dio e trovati dal Suo Figlio Gesù che, con il Suo Spirito, ci rende capaci di ricambiare l’amore ricevuto.
Buona Pasqua a tutti, a ciascuno e in modo speciale a chi ne ha più bisogno.
Preghiera dei bambini
Caro Gesù,
Maria di Magdala mi piace tantissimo perché è lei che prende l’iniziativa di recarsi al tuo sepolcro di buon mattino, quando era ancora buio. Mamma ha ragione: le donne sono più coraggiose degli uomini!
Anche Pietro però è simpatico: è il primo ad entrare dove ti avevano deposto. Vede tutto. Ma da solo non riesce a capire.
L’altro discepolo è quello che corre veloce (come me); entra dopo Pietro, ma è il primo a collegare tutto e a credere che Tu hai vinto la morte e che sei vivo.
Gesù, non so dirti a chi assomiglio. Credo che in ognuno di noi ci sia un po’ di Maria di Magdala, ma anche un po’ di Pietro e un po’ dell’altro discepolo.
Grazie Gesù, perché solo se restiamo uniti e capaci di aspettarci l’un l’altro, Tu ci trovi.
Gesù, benedici tutti i malati e chi li cura.